sabato 25 dicembre 2010

Le fontane dei Castelli Romani danno … arsenico!!!

Pubblichiamo una lettera inviata da Acea al comune di Velletri con allegate analisi.

La lettera è da leggere perchè pare che Acea si sia accorta, solo il 10 dicembre 2010, che in alcune scuole materne di Velletri l'acqua fornita ai bambini, anche con meno di tre anni, conteneva arsenico oltre i 10 mg/L e in un caso addirittura sopra a 20.

C'è da chiedersi per quanti anni sia andata così.

Il gestore Acea era tenuto a controllare sistematicamente e capillarmente le acque anche negli anni passati e ne doveva informare il Sindaco e la ASL di competenza.

Sarebbe interessante sapere se l'ha mai fatto dal momento che non poteva ignorare che i bambini delle scuole materne non erano soggetti a deroghe!!!

Sarebbe anche interessante sapere se ASL e primo cittadino abbiano provveduto ad informare, come era loro tassativo dovere, i cittadini.

E’ evidente che ACEA ha giocato con la salute dei bambini e dei cittadini, complici le autorità locali che non hanno mai esercitato seriamente la loro funzione di controllo.

Visto che le Istituzioni (Regione, Provincia, Comuni, ASL, ACEA) non ci informano, pubblichiamo le analisi sui comuni dei Castelli Romani predisposte dai comitati e dalle associazioni.

La presenza di arsenico nelle acque è drammatica!!!

Non solo a Velletri, ma anche a Genzano, Lanuvio, Ardea, Albano, Lariano, Cisterna la presenza di arsenico supera i limiti di legge!!!

Una volta le fontane dei Castelli Romani davano il vino. Oggi con ACEA danno l’arsenico.

Quali provvedimenti intendono prendere l’Assessore Regionale all’Ambiente (Marco Mattei), l’Amministratore Delegato di ACEA (Marco Staderini), i Sindaci e le ASL dei Castelli Romani?

I cittadini non possono tollerare altre incapacità, altre omissioni, altre deroghe, altre illegalità.

venerdì 17 dicembre 2010

MALAGROTTA SALUTA ALBANO CHE HA VINTO IL RICORSO AL T.A,R. CONTRO IL PROGETTO DEL GASSIFICATORE

La notizia della vittoria legale degli amici di Albano contro il progetto di costruzione del secondo gassificatore del Lazio mi ha raggiunto a Parigi, dove mi trovo da qualche giorno. Ma più che in francese la notizia merita un commento… in lingua inglese, direi, cioè una vera e propria “STANDING OVATION”: tutti in piedi ad applaudire, come si fa in questi casi, in modo da rendere l’onore che si merita a questo atto di giustizia.

Ciao,
Sergio

WWF: IL TAR LAZIO BLOCCA L' INCENERITORE DI ALBANO

Comunicato del WWF

La nostra Associazione esprime immensa soddisfazione per la bocciatura al Tar Lazio dell'iter seguito da Regione Lazio e Coema con sentenza n. 36740 emessa dalla prima sezione del Tar proprio di ieri, con cui si sancisce l'illegittimità dell'iter adottato dopo il 25 marzo 2008 per il rilascio del parere della valutazione d'impatto ambientale. Un parere dapprima negativo e poi divenuto improvvisamente positivo, in riferimento alla realizzazione del progetto presentato dal COEMA, (composto da AMA, ACEA, Pontinia Ambiente s.r.l.) sul quale il WWF aveva sin dall'inizio espresso forte contrarietà attraverso le osservazioni all'epoca presentate e con ancor più determinazione nell'intervento ad adiuvandum nel processo amministrativo, a sostegno ed integrazione delle tesi corrette avanzate dai comitati di Albano nel ricorso principale.

"Una vicenda quella dell'impianto di Albano, che pone un punto fermo al concetto di buon governo del territorio e di trasparenza amministrativa - dichiara Vanessa Ranieri presidente WWF Lazio - I Giudici Amministrativi con questa sentenza ci hanno finalmente riportato in Europa, da parte nostra annunciamo invece un esposto alla Corte dei Conti al fine di chiedere una verifica sulla correttezza tecnico contabile degli atti oggi annullati che hanno indubbiamente prodotto un danno erariale e che dovrà essere risarcito da chi evidentemente ha presumibilmente violato la legge".

"Determinante è stato il fronte unico - conclude Ranieri che ha assistito come avvocato nel processo il WWF e i Comuni intervenuti - che i comitati di Albano, WWF e i Comuni di Albano Laziale, Genzano di Roma, Lanuvio, Pomezia, Ardea, Rocca di Papa, Ariccia e Castel Gandolfo hanno fatto nei confronti di un progetto che altro non è che il frutto di un'impostazione errata della gestione del ciclo dei rifiuti. Che questo sia il primo passo per il riconoscimento da parte di tutta la classe politica e delle Amministrazioni dell'esigenza di cambiare rotta, non investendo su incenerimento e discariche, ma su una corretta applicazione dei principi comunitari in tema dei rifiuti: prevenzione, riduzione, riuso, riciclo e corretto avviamento a filiera. Queste sono le uniche parole d'ordine che riconosciamo".

Evvai, finalmente una cosa buona!

Da Amicoqua - aperiodico indipendente per i Municipi 2, 3, 4 e 5, un po’ di nord est di Roma

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Una splendida vittoria

Dall'Associazione TerraSociale di Genzano di Roma

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Complimenti! Grande risultato

Ma la risposta del Sindaco di Roma è emblematica: assolutamento non si fermano.

E anche se rivincete al CdS, questo al massimo cambiano la scelta del sito.

A mio parere, ci sono gli estremi per mettere "l'assicurazione" affinchè non vadano avanti co "ste mmerde" di impianti: utilizzerei la sentenza del TAR per citare per danni Presidente della regione e sindaci.

Ciao e auguroni da Jesi (anche per Natale, ovviamente)

MASSIMO GIANANGELI
Comitato Tutela Salute e Ambiente della Vallesina

giovedì 16 dicembre 2010

Il Tar boccia l'inceneritore di Albano"Incomprensibile ok dato da Marrazzo"

Da "Il corriere della Sera" del 16 dicembre 2010

Accolto il ricorso del «No Inc» e di 8 sindaci dei Castelli Romani: cancellati permessi firmati da ex governatore

ROMA - Un’autorizzazione arrivata dalla giunta Marrazzo fuori tempo massimo. E con carenti istruttorie sulla qualità dell’aria e sull’uso dell’acqua. L’ inceneritore di Albano è stato bocciato anche dal Tar del Lazio, dopo che la Asl dei Castelli romani aveva espresso pesanti perplessità riguardo il progetto che metterebbe a rischio le falde. Il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso presentato dal coordinamento « No inc» e da 8 sindaci, quelli di Castel Gandolfo, Lanuvio, Ariccia, Ardea, Albano, Genzano, Rocca di Papa e Pomezia. Il Tar ha cancellato, in sostanza, i due permessi firmati dalla giunta Marrazzo che concedevano il «semaforo verde» alla realizzazione dell’impianto destinato alla produzione di energia elettrica bruciando il cdr - rifiuti raccolti tramite la differenziata – proveniente dai cassonetti di Roma e Fiumicino.

AUTORIZZAZIONE «INCOMPRENSIBILE» - Pesantissimi, i rilievi dei giudici. In sintesi: la Regione ha «autorizzato l’avvio dei lavori di cantierizzazione in una data, nell’ottobre 2008, – si legge nella sentenza - in cui però erano ormai scaduti i poteri straordinari in materia ambientale attribuiti al Presidente della Regione». Insomma non si poteva firmare la fondamentale valutazione di impatto ambientale , arrivata tortuosamente in extremis una seconda volta, per superare le perplessità di un primo documento analogo che aveva invece bocciato il progetto. Addirittura, i giudici scrivono di «non comprendere su quali basi normative il Presidente della Regione Lazio abbia ritenuto di rilasciare siffatta, atipica, autorizzazione provvisoria».

CARENZE SU STUDIO ARIA E ACQUA - Dal confronto tra la prima «Via» che boccia l’ inceneritore e la seconda «fuorilegge» che secondo la Regione lo promuove emergono, secondo i giudici, le «carenze» nel monitoraggio sulla qualità dell’ aria. Inoltre la società chiamata a costruire l’impianto – il consorzio Coema, di cui fanno parte Ama, Acea e il re delle discariche laziali Cerroni - «non spiega le modalità con cui realizza l’abbattimento delle polveri totali e degli ossidi di azoto». Manca, infine, «l’analisi tecnico – scientifica del progetto in rapporto all’utilizzo della risorsa idrica».

IMPOVERIMENTO DELLE FALDE – Le perplessità dei magistrati amministrativi nascono da quanto espresso in una relazione del Dipartimento di prevenzione della Asl dei Castelli, preoccupato perché l’abbondante uso di acqua da parte dell’inceneritore, oltre a depauperare le falde già indebolite potrebbe aumentare la concentrazione di arsenico, il problema che in questi sta esplodendo in tutto il Lazio con le conseguenti ordinanze di chiusura dei rubinetti.

ALEMANNO: FAREMO RICORSO - Ad annunciare l’esito della sentenza del Tar è stato mercoledì 15 dicembre il sindaco di Roma Alemanno , che ha annunciato « il ricorso al Consiglio di Stato» anche se il pronunciamento «indebolisce fortemente la soluzione Albano e rilancia il problema di progettare e individuare nuovi impianti». Il sindaco ha poi chiarito le possibili soluzioni alternative: «Le aree individuate non dovranno essere necessariamente due ma anche una sola con impianti di maggiore potenzialità». E ha concluso infine sulla priorità per Roma: «Il problema più immediato è l'alternativa a Malagrotta».

Il TAR del Lazio da un grande esempio di giustizia e boccia l’inceneritore di Albano

Finalmente una notizia splendida !!!!!

Il TAR del Lazio ha bocciato l’inceneritore più grande del mondo, l’inceneritore di Albano, l’inceneritore voluto da Cerroni e dai suoi boys, l’inceneritore della vergogna, l’inceneritore senza gara d’appalto, l’inceneritore voluto dai Sindaci dei Castelli Romani (Marco Mattei in testa, che da Sindaco di Albano è stato promosso da Cerroni e dalla Polverini ad Assessore all’Ambiente della Regione Lazio).

Il TAR del Lazio accoglie il ricorso e annulla la valutazione di impatto ambientale, prot. n. 177177 dell’ 8.10.2008, l’autorizzazione integrata ambientale, prot. n. B3694 del 13.8.2009, l’ordinanza del Presidente della Regione Lazio n. 3 del 22.10.2008.

Di fatto, il TAR del Lazio annulla tutti i provvedimenti di Marrazzo, il Presidente della Regione Lazio sotto ricatto per i noti filmati pornografici.

Un’intera popolazione si è indignata per le gravissime irregolarità, sopprusi e scandali che hanno accompagnato questa bruttissima vicenda.

Un sentito ringraziamento va all’impegno del Coordinamento contro l’inceneritore di Albano, dei comitati locali, dei numerosi cittadini che si sono battuti per la difesa del territorio e per dare una speranza al futuro dei Castelli Romani.

Una menzione speciale va a Daniele Castri, che ha seguito in modo encomiabile il ricorso al TAR.

Leggi la sentenza edl TAR che boccia l'inceneritore di Albano.

domenica 28 novembre 2010

Cerroni, il re di Leonia

Nel 1972 Italo Calvino, nelle "Città invisibili", tratteggiava il profilo di Leonia, città che consumava più di quello di cui aveva bisogno, profetizzando (è il caso di dirlo) una guerra tra città vicine per respingere i reciproci immondezzai.

Riprendere quelle parole e contestualizzarle all'oggi è impressionante.

Basta sostituire il nome della città di Leonia con Roma o con Napoli e il testo scritto da Italo Calvino diventa di grandissima attualità.

Basta vedere il Sindaco di Roma Alemanno che spinge per portare i rifiuti fuori Roma, nella discarica di Bracciano o nell'inceneritore di Albano.

Basta vedere la neo Presidente della Regione Lazio Polverini che, per non saper nè leggere nè scrivere, ha riproposto di fatto il Piano Marrazzo: stesse discariche e stessi inceneritori.

Il vero eroe in questa vicenda è il signor Cerroni che ha sicuramente letto il testo di Italo Calvino.

Cerroni è il re di Leonia e sa che Malagrotta un giorno dovrà chiudere, che non potrà alzare all'infinito le sue discariche.

Ma Cerroni, il re di Leonia, ha già acquistato i terreni per la nuova discarica di Roma in località Solforate a confine con il comune di Pomezia.

Così, con l'inceneritore di Albano sarà tutto casa e bottega.

Tanto ACEA già inquina gli abitanti dei Castelli Romani con l'acqua all'arsenico, cosa saranno mai un pò di nanoparticelle dell'inceneritore.

E ci sarà sempre un portaborse di un ex Assessore alla Sanità pronto a dichiarare che l'alta mortalità è solo effetto della deprivazione sociale.



LEONIA - Da "Le Città invisibili" di ITALO CALVINO

La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall'involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche che dall'ultimo modello d'apparecchio.

Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti di Leonia d'ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo i tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d'imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose di ogni giorno vengono fabbricate vendute comprate, l'opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l'espellere, l'allontanare da sé, il mondarsi d'una ricorrente impurità. Certo è che gli spazzaturai sono accolti come angeli, e il loro compito di rimuovere i resti dell'esistenza di ieri è circondato d'un rispetto silenzioso, come un rito che ispira devozione, o forse solo perché una volta buttata via la roba nessuno vuole più averci da pensare.

Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori dalla città, certo; ma ogni anno la città s'espande, e gli immondezzai devono arretrare più ontano; l'imponenza del gettito aumenta e le cataste s'inalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto. Aggiungi che più l'arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermantazioni e combustioni. E' una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne.

Il risutlato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d'ieri che s'ammucchiano sulle spazzature dell'altroieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri.

Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo, al di là dell'estremo crinale, immondezzai d'altre città, che anch'esse respingono lontano da sé le montagne di rifiuti. Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta. I confini tra le città estranee e nemiche sono bastioni infetti in cui i detriti dell'una e dell'altra si puntellano a vicenda, si sovrastano, si mescolano.

Più ne cresce l'altezza, più incombe il pericolo delle frane: basta che un barattolo, un vecchio pneumatico, un fiasco spagliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di scarpe spaiate, calendari d'anni trascorsi, fiori secchi sommergerà la città nel proprio passato che invano tentava di respingere, mescolato con quello delle altre città limitrofe, finalmente monde: un cataclisma spianerà la sordida catena montuosa, cancellerà ogni traccia della metropoli sempre vestita a nuovo. Già dalle città vicine sono pronti coi rulli compressori per spianare il suolo, estendersi nel nuovo territorio, ingrandire se stesse, allontanare i nuovi immondezzai.

mercoledì 24 novembre 2010

Il punto sul disastro idrico ai Castelli e sull’avvelenamento da arsenico e fluoro

ACEA ci sta fornendo l'acqua avvelenata con arsenico e fluoro.
ACEA ci vuole avvelenare l'aria con l'inceneritore più grande del mondo.
E pensare che, il 13 ottobre 2010, l'Amministratore Delegato di ACEA Marco Staderini ha dichiarato in un convegno pubblico che ACEA vuole sviluppare attività che possano aiutare il successo del territorio (?!?!?!?).
Veramente un bel successo per il territorio dei Castelli Romani: acqua all'arsenico e al fluoro, il cancrovalorizzatore di Albano.
Tutto questo grazie a Marco Staderini, che è riuscito anche a portare in perdita ACEA nel 2009 per 52 milioni di euro.
Veramente un bel manager pubblico, in quota all'UDC.
E come sappiamo l'UDC pensa alla famiglia, soprattutto ai bambini.
Centinaia di ricerche, infatti, dimostrano che il fluoro oltre la soglia di 1,5 mg/L ha effetti destabilizzanti sui denti e sulle ossa di tutti ma specialmente dei bambini. In particolare può indurre l’insorgenza di un raro tipo di cancro delle ossa di solito mortale che colpisce i bambini di 5-10 anni.

Di seguito pubblichiamo il documento "Il punto sul disastro idrico ai Castelli e sull'avvelenamento da arsenico e fluoro" inviatoci da Aldo.

L’Italia ha usufruito ed esaurito dal 2003 al 2009 la possibilità di concedere per decreto ministeriale (DM Salute - Ambiente) le due deroghe triennali al superamento dei limiti di alcuni elementi previste dalla legge 31/2001 in casi eccezionali. Viceversa i casi sono diventati abitudine ordinaria, sapientemente utilizzata dal gestore ACEA per investire al minimo e ricavare profitti al massimo. Un’eventuale terza deroga passava obbligatoriamente per l’autorizzazione della CE. La bocciatura decretata il 28 ottobre dalla Commissione Europea riguarda la deroga sull’arsenico per valori sopra i 20 mg/L (nello specifico erano richiesti i 50 microgrammi/Litro) ma non il fluoro per il quale essa è stata rinnovata (da 1.5 mg/L a 2.5 mg/L) in tutti i comuni dei Castelli Romani.

Con effetto retroattivo dal primo gennaio 2010 viene sancito dalla CE, nero su bianco, che in molte Regioni e provincie d’Italia e in particolare ai Castelli Romani la Regione, il Ministero della Salute e il Ministero dell’Ambiente hanno autorizzato la distribuzione di acqua non potabile a centinaia di migliaia di cittadini e che lo stato d’illegalità, ovvero la fornitura di acqua più o meno avvelenata da arsenico e fluoro, permane tuttora.

Il quadro che esce dalla deliberazione è duplice: fermo restando che la norma comunitaria e la legge 31/2001 prevedono l’assurdità della deroga, che sancisce la sospensione “legale” della tutela della nostra salute, si autorizza, secondo stime ACEA (sicuramente per difetto) relative alla popolazione esposta in zona Castelli, che 87.000 persone siano costrette per altri tre anni (fino al 2012) a bere acqua con fluoro potenzialmente molto dannoso.
Centinaia di ricerche dimostrano che il fluoro oltre la soglia di 1,5 mg/L ha effetti destabilizzanti sui denti e sulle ossa di tutti ma specialmente dei bambini. In particolare può indurre l’insorgenza di un raro tipo di cancro delle ossa di solito mortale che colpisce i bambini di 5-10 anni.

A seguito della ennesima relazione di ACEA e della ennesima richiesta di deroga sul cosiddetto “piano di rientro” in violazione della norma comunitaria le autorità italiane, a cominciare dal presidente della Regione Lazio Polverini, hanno adottato il principio arbitrario del differimento sine die dei tempi di deroga in attesa di un decreto ministeriale* che non poteva essere emesso se non in subordine al consenso obbligatorio della CE.

*In proposito ACEA riportava sul suo sito: …in data 30/12/2009, è pervenuta alla Società la notifica del decreto del presidente della Regione Lazio del 30/12/2009 in cui, tra l’altro, viene concesso il differimento dei termini di deroga sopra elencati fissati nei decreti emanati dalla stessa Regione Lazio. Il suddetto differimento sarà valido sino all’acquisizione del decreto del Ministero della Salute e del ministero dell’Ambiente di proroga (in corso di emanazione) per l’anno 2010 ...

Il secondo aspetto riguarda l’arsenico. Sappiamo che l’arsenico assunto con l’acqua accresce il rischio di provocare almeno quattro tipi di tumori (pelle, fegato, polmoni, vescica) anche a partire da concentrazioni intorno ai 10 mg/L e tale rischio è particolarmente significativo nella prima infanzia e nei soggetti predisposti. Una serie di ricerche pubblicate su “International Journal of Cancer”* dimostrano che l’arsenico si accumula costantemente nel nostro corpo, non viene metabolizzato e interferisce con l’attività di un complesso di geni auto-riparatori dei danni al DNA. Nel corso dell’esistenza si verificano nelle nostre cellule migliaia di casi di errata replicazione del DNA. I geni riparatori correggono gli errori e ciò è essenziale per evitare più a lungo possibile di ammalarci di tumore. L’arsenico riduce o blocca l’attività di questi geni e quindi è oltremodo pericoloso per tutti i soggetti esposti a lungo, particolarmente le persone i cui geni riparatori son già meno efficienti di altri.

*DECREASED DNA REPAIR GENE EXPRESSION AMONG INDIVIDUALS EXPOSED TO ARSENIC IN UNITED STATES DRINKING WATER. Angeline S. ANDREW, Margaret R. KARAGAS and Joshua W. HAMILTON - Int. J. Cancer: 104, 263–268 (2003).

A voler essere per forza ottimisti dovremmo sentirci contenti che l’incubo dell’avvelenamento lento da arsenico abbia un termine. In realtà il no Comunitario sulla deroga è già chiaramente un NI e la situazione degli acquedotti è drammatica.

Avevamo già notato nei mesi scorsi il pericolo insito nella relazione presentata il 16 aprile 2010 alla CE da un comitato tecnico scientifico incaricato di pronunciarsi sulla pericolosità delle deroghe per arsenico, fluoro e boro. Il comitato, minimizzando come trascurabili gli effetti cancerogeni dell’arsenico tra 10 e 50 μg/L, ha aperto la strada al compromesso ovvero alla disponibilità CE ad accettare deroghe fino a 20 μg/L. già operative per comuni della provincia di Arezzo e per quelli di tre provincie lombarde. Conoscendo gli interessi in gioco ci aspettiamo perciò nelle prossime settimane richieste della Regione Lazio in tal senso.

Anche in assenza di questa probabile eventualità lo scenario è nero perché non vediamo come il gestore ACEA riuscirà a fare subito quello che non ha fatto in sei anni. Si apre la necessità di agire presto e in modo coordinato perché non è tollerabile che ci si possa costringere a comprare e usare acqua minerale. La lotta e l’impegno contro l’inceneritore che avvelena l’aria non può che saldarsi con la lotta contro tutti coloro che hanno permesso in passato e oggi di avvelenarci l’acqua e il territorio.
Il piano legale non è secondario.
La bocciatura CE, oltre a quanto già specificato sull’illegalità della deroga dal primo gennaio 2010, chiarisce in modo netto (art.2) che le autorità preposte e il gestore ACEA avevano ed hanno l’obbligo di attenersi alla direttiva 98/83/CE, ovvero dovevano informare dettagliatamente e costantemente i cittadini sui rischi specie in relazione ai neonati e bambini. Tutto questo non è stato fatto, i risultati delle analisi del gestore e dell’ARPA ancora oggi, salvo rarissime eccezioni, non sono accessibili e ACEA, che ha mandato avvisi con ritardo di anni, continua a minimizzare e parlare di rischi “trascurabili”.

La situazione sul campo è talmente seria che in molte zone tutt’ora l’arsenico supera i 20 microgrammi. I dati sono di pochi giorni fa e riguardano la zona di Velletri.

Località di prelievo data arsenico mg/L
Fontanella p.zza Mazzini Velletri 15/11/10 20.8
Via Appia vecchia, fontanile rotatoria Velletri 14/11/10 26.0
Via Rioli, pizzeria Anfiteatro Velletri 14/11/10 4.1
Via S. Biagio, zona 167 Velletri 15/11/10 0
Via B. Buozzi 164 Velletri 15/11/10 15.0
Fontanella via Colle Zioni Velletri 17/11/10 21.2

Prelievo a cura del Comitato Acqua Pubblica Velletri

lunedì 25 ottobre 2010

Riuscirà il TAR a fermare il comitato d’affari degli inceneritori?

Il 23 ottobre 5.000 persone hanno partecipato al corteo contro l’inceneritore di Albano.

Una gigantesca manifestazione, mai vista ai Castelli Romani.

Un’intifada come a Napoli?

No, sembrava più la prima marcia non-violenta dei tartassati, dei cittadini laziali che pagano le imposte più alte d’Italia e forse del mondo per smaltire i rifiuti.

Vediamo di fare il punto della situazione della gravissima situazione del Lazio in vista degli importantissimi eventi della prossima settimana.

Il 27 ottobre 2010 si riunisce il TAR del Lazio per discutere i ricorsi presentati contro l’inceneritore di Albano.

A supporto di Cerroni scende in campo, sempre il 27 ottobre 2010, il PD di Roma, che punta ad intimidire il TAR del Lazio con un ridicolo convengo dal titolo minaccioso: «Attuare subito il Piano rifiuti per evitare l'emergenza a Roma».

Per chiudere degnamente la settimana, Alemanno e Polverini si stanno preparando a dare l’ennesima proroga alla discarica di Malagrotta e ad annunciare 4, 5, 9, 1.000 inceneritori nel Lazio.

Proviamo a fare il punto della gestione dei rifiuti nel Lazio, come promemoria per il TAR.

Il 29 ottobre 2008 Marrazzo ,in coppia con il suo assessore Di Carlo, affermava alla Commissione Ambiente della Regione Lazio: “Il Lazio presenta da oltre 10 anni una situazione di mercato stabile con società ed imprenditori facilmente individuabili, sia pubblici che privati, che hanno dato garanzia di affidabilità sia per il servizio reso che per le azioni poste in essere per garantire la salvaguardia dell’ambiente”.

Ma chi sono gli attori “affidabili” del comitato d’affari dei rifiuti nel Lazio?

Il primo attore è il signor Cerroni, che gestisce le discariche del Lazio: la discarica di Malagrotta, la discarica di Albano e la discarica di Bracciano. Dal monopolio delle discariche a Roma e nel Lazio, il signor Cerroni passa anche agli inceneritori (Malagrotta, Albano) che gli vengono autorizzati senza alcuna gara di appalto: nel Lazio non esistono regole e leggi, si fa tutto rigorosamente a trattativa privata (come le foto del signor Marrazzo).

Cerroni garanzia per l’ambiente, come assicurava Marrazzo?

Il responsabile della discarica di Malagrotta è stato condannato ad un anno di carcere per aver smaltito in discarica rifiuti pericolosi come i fanghi di depurazione provenienti dall’ACEA; l’inceneritore di Malagrotta è stato sequestrato dalla magistratura proprio il giorno della sua inaugurazione.

Un altro importante attore nel business dei rifiuti è il Consorzio GAIA di Colleferro, un consorzio pubblico formato da 48 comuni dei Castelli Romani e della Provincia di Frosinone.

Per inseguire il sogno degli inceneritori, il Consorzio GAIA si è indebitato per circa 300 milioni di euro e, solo nel 2005, ha presentato una perdita di 122 milioni di euro.La corsa “insensata” agli inceneritori e ai CIP6 ha di fatto provocato un vero, gigantesco disastro economico.

GAIA garanzia di affidabilità e difensore dell’ambiente, come assicurava Marrazzo?

I reati contestati a GAIA: vanno dall’associazione a delinquere a frode al gestore dell’energia per 43,5 milioni di euro, da trasporto illecito di rifiuti a accesso abusivo a sistemi informatici, da violazione dei valori limite delle emissioni in atmosfera e prescrizione delle autorizzazioni a favoreggiamento personale e vessazioni su dipendenti.

Per le gravi irregolarità verificatesi nell’inceneritore di Colleferro sono state arrestate 13 persone, tra cui alcuni dirigenti dell’AMA.

La società pubblica GAIA, fiore all’occhiello di 48 Sindaci del Lazio, è riuscita a farsi incriminare per ipotesi di truffa, frode e corruzione, emissione di fatture false, truffa ai danni dello stato e bancarotta fraudolenta.

In particolare, la storia della truffa di 30 milioni di euro per la discarica inesistente di Colleferro, con tanto di esibizione di fatture false dei lavori eseguiti e di dichiarazioni bollate che era costruita a regola d’arte, fa impallidire anche Totò con la famosa vendita della Fontana di Trevi.

Questi personaggi (il signor Cerroni, il Consorzio GAIA, ACEA, AMA) sono ormai diventati un costo insostenibile per i cittadini onesti della Regione Lazio.

Nella Regione Lazio, le tariffe dei rifiuti sono ormai le più alte d’Italia e forse del mondo!!!

La pessima e costosissima gestione dei rifiuti nel Lazio si abbina alla pessima e costosissima gestione della sanità.

Pagheremo caro!!! Pagheremo tutto!!!

Questo enorme spreco di risorse pubbliche sarà finanziato con più tasse e il pedaggio sul raccordo Anulare è solo l’inizio!!!

In questo contesto, il presidente dell’AMA Panzirotti ha dichiarato negli ultimi giorni che l’AMA, dopo aver ricapitalizzato per ripianare i debiti, ha chiesto 700 milioni di prestito alle banche per fare subito ulteriore debito (che pagheremo nel 2021).

Con il nuovo debito l’AMA intende costruire l’inceneritore di Albano (senza gara e sui terreni del signor Cerroni) e comprare il fallimentare Consorzio GAIA (in perdita per centinaia di milioni di euro dopo aver costruito un inceneritore a Colleferro).
Il presidente dell’AMA ha però evidenziato alla stampa che “Gli impianti vanno ammodernati, tutto funziona a singhiozzo”. Già, l’impianto di incenerimento di Colleferro, appena costruito, deve essere già ammodernato. Si, gli inceneritori vanno ammodernati: per l’inceneritore di Brescia la spesa prevista è di circa 100 milioni di euro e il Comune di Brescia ha pensato bene di vendere il tutto all’A2A di Milano (furbi questi padani !!!).
Per completare il quadro dei rifiuti di Roma e del Lazio rimane la questione di Malagrotta.
In merito, va ricordata la dichiarazione rilasciata in data 12 agosto 2008 da Paolo Togni, Capo del Dipartimento Ambiente del Comune di Roma: “La discarica di Malagrotta verrà innalzata di altri 10 metri e sarà in funzione per altri 15 anni”.
Per chiudere il quadro della gestione del business dei rifiuti nel Lazio va evidenziato che Paolo Togni è stato indagato nell’inchiesta di Woodcock in merito alla nuova P2, oggi un “comitato d’affari” dedito a succhiare soldi e influenzare la pubblica amministrazione, elargendo tangenti, investendo nei porti delle più grandi città di mare, nell'acqua, nel gas, puntando a piazzare impianti nell'industria energetica (i mitici inceneritori).
Questo è il quadro della gestione dei rifiuti nel Lazio.
Riuscirà il TAR del Lazio a fermare il “comitato d’affari” degli inceneritori?


domenica 10 ottobre 2010

L'avvocato dei NOINC lancia la sfida a Cerroni

Il 23 ottobre 2010 il popolo NOINC dei Castelli Romani torna in piazza.

Il 27 ottobre 2010 ci sarà la prima udienza al TAR per discutere nel merito i ricorsi contro l'inceneritore per il diritto alla salute.

L’avvocato del Coordinamento NOINC rilascia un’intervista al giornale “Il Caffè” e lancia la sfida a Cerroni.

“Già nel 2003 misi alle strette Cerroni. Stavolta esigerò di sapere chi in Regione ha sbloccato il progetto … c’era una volontà politica di fare in fretta … chiederò conto di certe firme facili”.

Si, caro avvocato, c'era una volontà politica di fare tutto in grande fretta,
c'erano in giro i filmati dei ricatti al Presidente della Regione Lazio
(all'epoca quell'indecente di Marazzo).

Leggi tutto l’articolo del giornale "Il Caffè".

sabato 2 ottobre 2010

Rifiuti, il falso Piano dei Cerroni boys. La Ue mette in mora l'Italia

E' la prima fase di una nuova procedura d'infrazione al Trattato.

In futuro il nostro paese potrebbe essere condannato a pagare sanzioni pecuniarie

BRUXELLES (Reuters) - La Commissione europea ha chiesto all'Italia di ottemperare alla sentenza emessa dalla Corte di Giustizia europea nel settore dello smaltimento dei rifiuti. E' quanto si rileva da un documento diffuso in questi giorni dalla Commissione Ue.

Nel 2007, dice il documento, la Corte di Giustizia ha accertato che non erano stati adottati i piani di gestione dei rifiuti previsti dalla direttiva quadro sui rifiuti e dalla direttiva sui rifiuti pericolosi, oppure che i piani esistenti non avevano attuato correttamente le direttive in alcune regioni e province italiane. Successivamente erano stati approvati i piani per il Friuli Venezia Giulia, la Puglia, Bolzano e Rimini.

Tuttavia, dice la nota, il piano programmatico esistente nel Lazio non è ancora conforme alla legislazione dell'Ue. Pertanto, la Commissione ha deciso di inviare una lettera di costituzione in mora, ai sensi dell'articolo 260 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Qualora le autorità italiane non intraprendessero le azioni necessarie, la Commissione potrà decidere di adire di nuovo la Corte nei confronti dell'Italia per chiedere che sia condannata a sanzioni pecuniarie.

Il commissario Ue per l'Ambiente Janez Potocnik, in una nota, ha affermato: "I cittadini dell'Ue hanno diritto a vivere in un ambiente pulito e sano e pertanto sollecito l'Italia a garantire l'approvazione di una normativa efficace per quanto riguarda i rifiuti su tutto il territorio."

Sono anni che denunciamo lo scandalo della gestione dei rifiuti nel Lazio da questo blog.

Sono anni che decine di comitati di cittadini sono impegnati a difendere il territorio del Lazio dagli sporchi interessi del signor Cerroni e dei suoi boys (Marrazzo, Di Carlo, Zingaretti, Robilotta, Alemanno, Mattei, alcuni autorevoli membri della nuova Giunta del Comune di Albano, ecc.).

Oggi anche la Commissione Europea si schiera con i comitati ed sta preparando un’esemplare condanna per l’Italia.

venerdì 13 agosto 2010

Il caro bollette a Roma si chiama Cerroni

Bollette care, carissime.

Due volte più salate a Roma rispetto a Parigi, Londra, Madrid.

Tre volte più alte dell’inflazione negli ultimi cinque anni.

Secondo i calcoli dei ricercatori di Confartigianato che hanno elaborato in uno studio i dati del Ministero dello Sviluppo Economico, tra giugno 2005 e giugno 2010 le tariffe di acqua, rifiuti e trasporto pubblico sono salite del 28,4%, tre volte l’inflazione e il doppio della crescita registrata in Europa.

Le differenze tra i capoluoghi sfiorano il ridicolo.

Come tassa rifiuti, per una famiglia di due adulti e un figlio che abita in un appartamento di 80 mq. si pagano (dati 2009) 276 euro a Roma, il 23,8% in più della media nazionale.

Rispetto al costo di raccolta rifiuti, Roma si contende il record dell’inefficienza con Napoli (331 euro) e con Catania (292 euro).

Roma (276 euro) ha un costo della raccolta rifiuti doppio rispetto a quello di Firenze (135 euro).

Il costo della gestione dei rifiuti di Roma (276 euro) è più alto di quello di Torino (197 euro), di Milano (210 euro), di Genova (230 euro), di Trieste e Bologna (195 euro).

Grazie al monopolio del signor Cerroni, il costo della gestione dei rifiuti di Roma (276 euro) è addirittura più alto di quello di Venezia (247 euro).

E’ semplicemente incredibile!!!

La gestione monopolistica del signor Cerroni è più costosa della raccolta dei rifiuti con le gondole???

Il costo della gestione dei rifiuti di Roma (276 euro) è più alto di quello medio del Nord (210 euro), di quello del Centro (259 euro) e, addirittura, di quello del Sud (258 euro).

Il costo della gestione dei rifiuti di Roma (276 euro) è più alto di quello di Bari (153 euro), di Messina (201 euro), di Palermo (209 euro) e di Cagliari (245 euro).

Ma come è possibile costruire un monopolio così “salato” per le tasche dei cittadini? Come è possibile imporre l’inceneritore di Albano contro la volontà della popolazione e senza alcuna gara d’appalto?

Come ha spiegato il signor Cerroni ai nostri deputati e senatori: “Io dico che ho una sorella che cucina bene le fettuccine: se non le do la farina doppio zero e le uova buone, ma il mais, lei non può prepararmele. Questo è il punto. È tutto qui”.

Oltre all’ex assessore Di Carlo (PD), anche alcuni neo-assessori del Comune di Albano Laziale possono confermare.


Il costo in euro di raccolta rifiuti Tari/Tarsu per una abitazione di 80 mq

TORINO 197
MILANO 210
GENOVA 230
VENEZIA 247
TRIESTE 195
BOLOGNA 195
FIRENZE 135
ROMA 276
NAPOLI 331
BARI 153
MESSINA 201
CATANIA 292
PALERMO 209
CAGLIARI 245

MEDIA ITALIA 223
Nord 210
Centro 259
Mezzogiorno 258

Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati MSE e Unioncamere

martedì 10 agosto 2010

La verità sul fallimento degli inceneritori

48 Sindaci della Regione Lazio hanno giocato con gli inceneritori, determinando il fallimento economico del Consorzio Gaia di Colleferro.

L’elenco dei 48 Sindaci è stato, fino ad oggi, avvolto nel mistero.

Nulla su Internet. Nulla sulla stampa. Nulla sulle relazioni delle Commissioni parlamentari.

Abbiamo perciò effettuato una ricerca e di seguito pubblichiamo l’elenco degli azionisti del Consorzio Gaia (aggiornato al 2007), i protagonisti del più grande imbroglio che la storia di questo paese ricordi.

Ecco gli azionisti pubblici del Consorzio GAIA:

Comune di Acuto
Comune di Alatri
Comune di Anagni
Comune di Ariccia
Comune di Artena
Comune di Bellegra
Comune di Capranica Prenestina
Comune di Carpineto Romano
Comune di Castel Gandolfo
Comune di Castel San Pietro Romano
Comune di Cave
Comune di Colleferro
Comune di Colonna
Comune di Ferentino
Comune di Fiuggi
Comune di Frascati
Comune di Gallicano nel Lazio
Comune di Gavignano
Comune di Genazzano
Comune di Gorga
Comune di Grottaferrata
Comune di Labico
Comune di Monte Compatri
Comune di Montelanico
Comune di Morolo
Comune di Nemi
Comune di Olevano Romano
Comune di Palestrina
Comune di Paliano
Comune di Piglio
Comune di Ripi
Comune di Rocca di Cave
Comune di Rocca di Papa
Comune di Rocca di Santo Stefano
Comune di Roiate
Comune di San Cesareo
Comune di San Vito Romano
Comune di Segni
Comune di Serrone
Comune di Subiaco
Comune di Trevi nel Lazio
Comune di Valmontone
Comune di Veroli.

E’ un elenco lunghissimo ed incredibile.

Decine di comuni che giocano a fare le “belle anime” con la raccolta differenziata, ma che portano la responsabilità di un disastro economico ed ambientale di portata inaudita.

Per inseguire il sogno degli inceneritori, il Consorzio GAIA si è indebitato per circa 300 milioni di euro e, solo nel 2005, ha presentato una perdita di 122 milioni di euro.

La corsa “insensata” agli inceneritori e ai CIP6 ha di fatto provocato un vero, gigantesco disastro economico.

Il Sindaco di Roma Alemanno dovrebbe imparare: invece di fare spot commerciali pro-inceneritori dal Giappone, tra l’altro a spese dei contribuenti, dovrebbe visitare l’inceneritore di Colleferro, facendosi spiegare i bilanci del Consorzio GAIA dai carabinieri del NOE.

Peccato che anche la Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite nella gestione del ciclo dei rifiuti abbia evitato di analizzare i bilanci disastrosi del Consorzio GAIA.

I nostri deputati e senatori, da veri incompetenti, hanno omaggiato il più grande esperto del settore, il signor Cerroni, che li ha brillantemente edotti sulla gestione dei rifiuti: “Io dico che ho una sorella che cucina bene le fettuccine: se non le do la farina doppio zero e le uova buone, ma il mais, lei non può prepararmele. Questo è il punto. È tutto qui”.

Perché in questo paese la classe politica continua a prenderci in giro con gli inceneritori, ecomostri dai costi folli, e con le case da sogno (affaccio con vista sul Colosseo o su Montecarlo) acquistate/vendute a prezzi irreali?

lunedì 5 luglio 2010

Chi pagherà le follie del signor Cerroni?

Il giorno 15 giungo 2010 la Commissione Parlamentare sulle attività illecite nella gestione dei rifiuti ha invitato in audizione il signor Cerroni.

Il signor Cerroni ha riportato, alla Commissione parlamentare, una notizia importantissima e riservatissima: “Io dico che ho una sorella che cucina bene le fettuccine: se non le do la farina doppio zero e le uova buone, ma il mais, lei non può prepararmele. Questo è il punto. È tutto qui”.

Va sottolineato che, terminata l’audizione, la Commissione parlamentare ha sentitamente ringraziato il signor Cerroni.

Oltre alle fettuccine della sorella, il signor Cerroni ha deliziato la Commissione con gli spaghetti (“quando facevamo tutto noi, si mangiavano spaghetti la mattina sulle strade di Roma”).

Abbiamo poi potuto ammirare le competenze tecniche del signor Cerroni, competenze che gli permettono di eludere qualsiasi gara di appalto e di andare direttamente a trattativa rigorosamente privata.

Di seguito riportiamo il Cerroni pensiero sugli inceneritori; “Ma non dimenticate che avevamo dodici inceneritori del tal quale a Rocca Cencia e a Ponte Malnome. Quando allora c'era la scafatura, da febbraio ad aprile, cioè quando i piselli e le fave le donne li facevano in casa, noi, per far funzionare i forni, dovevamo dare olio combustibile, petrolio, perché il potere calorifico di quei rifiuti non consentiva la combustione”.

Chiusa la lezione culinaria su fettuccine, spaghetti, fave e piselli, la Commissione parlamentare si è interrogata sulla mancanza di CDR nel Lazio e sulla effettiva necessità di tanti inceneritori (Colleferro, San Vittore, Malagrotta ed Albano).

Il signor CERRONI ha così risposto: “Quando il cerchio sarà chiuso e, probabilmente, si farà la raccolta differenziata, non al 50/60 per cento, come dicono, ma solo al 35 per cento, noi dovremo importare i rifiuti, perché non ce li abbiamo”.

E se manca il CDR, cosa ci faremo dell’inceneritore di Albano?

Il signor CERRONI ha così risposto: “Funzionerebbe anche con il rifiuto talquale, che però non produce energia, e si dovrà cambiare l'autorizzazione”.

Questo si ripercuoterà sul costo dei rifiuti ai cittadini?

Il signor CERRONI ha così risposto: “Con l'incenerimento tal quale, i costi sono da 200 a 300 euro, mettiamocelo bene in testa tutti”.

Il tutto è semplicemente folle: per far funzionare 12 linee di inceneritori, la regione Lazio dovrà importare rifiuti dalle altre regioni e, forse, anche dall’estero !!!

Le follie del signor Cerroni e del suo immenso impero, garantito dall’assoluto monopolio e da una classe politica completamente asservita, ci costano già oggi molto care: dal rapporto ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) risulta che il Lazio ha i costi e le tariffe più alte d’Italia (163 euro è il costo totale per abitante), di gran lunga superiore alle altre regioni (Campania 127 euro, Veneto 109 euro, Lombardia 100 euro, Friuli 94 euro).

Considerato che nel Lazio già manca il CDR da bruciare, gli inceneritori dovranno bruciare il tal quale e i costi esploderanno a 300 euro, mettiamocelo bene in testa tutti !!!

Chi pagherà le follie del signor Cerroni?

Sulla base del federalismo fiscale saranno i cittadini del Lazio a pagare a piè di lista le spese folli del signor Cerroni e della banda dei Cerroni Boys (Marrazzo, Alemanno, ACEA, AMA, Di Carlo, Robilotta, Mattei, Zaratti, ecc.).

Il Ministro Tremonti ha iniziato la Relazione del Governo alle Camere sul Federalismo Fiscale con il seguente pensiero: “come e perché l’albero della finanza pubblica è diventato un albero storto”.

Nella Regione Lazio, purtroppo, non c’è più alcun albero della finanza pubblica, ci sono solo le “idrovore” e la fallimentare gestione della sanità e dei rifiuti nel Lazio sono solo la punta di un iceberg.

Leggi tutto il testo dell'audizione.

venerdì 2 luglio 2010

Cerroni e il Paese dei Balocchi

Mentre l’Italia è alle prese con una pesantissima crisi economica e il Governo ha preparato una delle più pesanti manovre finanziarie degli ultimi anni, la potentissima lobby romana dei rifiuti (i Cerroni Boys) stanno cercando disperatamente di accaparrarsi altri soldi dalle istituzioni e dalle tasche dei cittadini.

In una recente intervista rilasciata a “Il sole 24 ore”, Bruno Landi, responsabile ambiente Federlazio, già Presidente della Regione Lazio (come Marrazzo), alle dipendenze del signor Cerroni, ha sentenziato in pieno delirio: «La tariffa di Roma è la più bassa d'Italia. Perciò abbiamo chiesto alla Regione una revisione tariffaria».

Nulla ha avuto da obiettare il giornalista del più autorevole (?) giornale economico del Paese dei Balocchi.

Abbiamo voluto verificare le farneticanti dichiarazioni dell’autorevole esponente dei Cerroni Boys.

Il costo a tonnellata della discarica di Malagrotta è pari a 68 euro.

Nella “Relazione annuale sullo stato dei servizi idrici, di gestione dei rifiuti urbani e sull’attività svolta - Anno 2009” predisposta dall’Autorità regionale per la vigilanza dei servizi idrici e di gestione dei rifiuti urbani della Regione Emilia Romagna emerge che, in Italia, la tariffa minima dello smaltimento in discarica è pari a 51,60 euro.

Quindi, la tariffa di Roma non è la più bassa in Italia.

Ma perché il signor Cerroni, che si vanta di aver realizzato impianti di trattamento dei rifiuti anche in Europa, in America e in Australia, non applica, per esempio, le tariffe europee?

Sempre nella relazione della Regione Emilia Romagna sono riportate le tariffe medie europee basate sulla indagine Cewep (dati riferiti al 2007 ed attualizzati al 2009).

La tariffa della discarica di Malagrotta (68 euro per tonnellata) è nettamente più alta delle tariffe medie del Belgio (50-60 euro), della Danimarca (20-60 euro), dell’Olanda (20-40 euro), della Spagna (20-50 euro) e della Svezia (30-50 euro).

Ma l’Italia è veramente il Paese dei Balocchi?

Dal “Rapporto Rifiuti 2008” predisposto dall’ISPRA è confermato anche per il 2008 che il Lazio è la regione con i costi totali medi pro capite annui di gestione dei rifiuti più alti d’Italia (e forse del mondo).

Tutto questo grazie al monopolio del signor Cerroni.

martedì 22 giugno 2010

Siamo tutti di Colleferro (di Albano e di Malagrotta) contro gli inceneritori

Riceviamo, pubblichiamo e convintamente aderiamo.

COLLEFERRO - PIAZZA ITALIA
SABATO 26 GIUGNO - ORE 11.00
ASSEMBLEA PUBBLICA AUTOCONVOCATA


16/06/2010 ennesimo sequestro di CDR nel piazzale antistante gli inceneritori.

Una vera associazione a delinquere e non qualche mela marcia come tentano di raccontarcela in coro i deputati Moffa e Carella,il sindaco Cacciotti e gli indifferenti rappresentanti sindacali. A chi dice che i controlli funzionano rispondiamo con i fatti: sono quelli del NOE a tutelarci, né l’azienda né tantomeno i vantati controlli del Sindaco.
A seguito dei noti fatti del marzo 2009 - sequestro degli inceneritori per aver bruciato rifiuti tossici e nocivi - sono stati rinviate a giudizio 25 persone in 8 diverse province.

I reati contestati vanno dall’associazione a delinquere a frode al gestore dell’energia per 43,5 milioni di euro, da trasporto illecito di rifiuti a accesso abusivo a sistemi informatici, da violazione dei valori limite delle emissioni in atmosfera e prescrizione delle autorizzazioni a favoreggiamento personale e vessazioni su dipendenti.

A finire nei guai, oltre al direttore tecnico e responsabile della gestione dei rifiuti , Paolo Meaglia, sono tutti i dirigenti del consorzio: il commissario Lolli il suo vice Perasso il direttore del personale Daniele Adamo il direttore tecnico Marino Galuppo e Stefania Brida, tutti ancora pagati dai cittadini con circa 2 milioni di euro l’anno nonostante abbiano causato, in concorso con altri, una perdita societaria di oltre 300 milioni di euro riempiendo di debiti e di veleni il futuro dei nostri figli. Tra gli altri imputati un dirigente dell’Ama; soci e amministratori di società di intermediazione di rifiuti e di sviluppo di software, chimici di laboratori di analisi.

Non si sono fermati nel 2005 dopo l’arresto del padre padrone di Gaia R. Scaglione, non si sono fermati con i vari amministratori che si sono succeduti tra il 2006 e il 2007, non si sono fermati neanche nel 2008-2009 nonostante la piena attività investigativa dei carabinieri del NOE , non si sono fermati successivamente agli avvisi di garanzia (le intercettazioni lo provano) e neanche successivamente al rinvio a giudizio prova ne è il sequestro di questi giorni.

E mentre si discute e si indaga passa in secondo piano la questione più importante, quella della nostra salute, della qualità sempre peggiore dell’aria che respiriamo.

Per questo motivo un monito va al sindaco di Colleferro, dal quale dipendono in gran parte le sorti degli inceneritori e la salute pubblica. Gli ricordiamo ancora una volta che la differenziata, quella vera, con la raccolta porta a porta dell’umido, va fatta per legge. Continuare a tacere e a nascondere responsabilità oggettive lo renderà complice. Ostinarsi a portare avanti il progetto della raccolta stradale con i cassonetti, che nella migliore delle ipotesi farà arrivare la differenziata al 15-20%, lo renderà responsabile alla stregua di politici, dirigenti, e faccendieri di gravi reati ambientali ed amministrativi legati al traffico e all’incenerimento di rifiuti.

> Per la chiusura degli inceneritori
> Per l’avvio di un piano straordinario di raccolta differenziata in ottemperanza della norma
> Per il licenziamento dei responsabili del disastro ambientale ed economico del Consorzio GAIA

Cittadini, associazioni e movimenti della valle del Sacco, che si battono per la difesa del territorio e che si oppongono alle nocività, si autoconvocano per discutere della gravissima situazione degli inceneritori di Colleferro.

venerdì 18 giugno 2010

Colleferro-Malagrotta-Albano: il 18 la magistratura processa Cerroni

Perché la “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti” ha reso omaggio (riservandogli un’audizione) al signor Cerroni, imputato di gravissimi reati connessi proprio con la gestione dei rifiuti ?

Mentre la “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti” si inchina al signor Cerroni, la magistratura lo processa per attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

Infatti, il 18 giugno 2010 si terrà nell’aula 19 del Tribunale di Roma alle ore 9.30 l’udienza del processo a carico dell’ing. Francesco Rando, Amministratore unico della discarica di Malagrotta, di proprietà del signor Cerroni.

Come è noto, l’Ing. Rando ha già subito due condanne definitive passate in giudicato per la gestione della discarica di Malagrotta, di proprietà del signor Cerroni.

Pubblichiamo le imputazioni a carico dell’ing. Rando, che nel prosieguo chiameremo ing. Cerroni, che non leggerete su alcun giornale.

L’ing. Cerroni è imputato dei seguenti reati:
“….effettuava smaltimento di rifiuti pericolosi nella discarica di Malagrotta, non autorizzata per tali rifiuti…”;
“… classificava e trattava come rifiuto speciale i rifiuti da classificare, invece, come pericolosi e li smaltiva sistematicamente entro la discarica di Malagrotta non autorizzata per il trattamento di detti rifiuti…”;
“…in assenza di autorizzazione effettuava miscelazione di rifiuti non consentita (fanghi provenienti dagli impianti di depurazione delle acque reflue ACEA di Roma)…”;
“…falsa attestazione nei registri di carico e scarico e alle autorità preposte al controllo della natura, della composizione e delle relative caratteristiche chimico-fisiche…”;
“…effettuava sistematicamente scarichi delle acque reflue industriali provenienti dalla discarica di Malagrotta contenenti sostanze pericolose, in assenza di qualsiasi autorizzazione, immettendole nel fosso di Santa Maria nuova, affluente del Rio Galeria…”;
“…inquinava con la immissione di sostanze pericolose le acque del fosso di Santa Maria nuova, affluente del Rio Galeria…”.

L’ing. Cerroni è accusato, insieme ai responsabili degli inceneritori di Colleferro (Lolli e Torti), di aver destinato a tali inceneritori rifiuti classificati come CDR (Combustibile da Rifiuti), CDR non conforme ai requisiti previsti dalla legge.

Anche l’ing. Cerroni è, quindi, coinvolto nello scandalo degli inceneritori di Colleferro, gli inceneritori che hanno bruciato di tutto !!!

Sono, quindi, smentite le dichiarazioni rese da Marrazzo che il 29 ottobre 2008, accompagnato dal suo assessore Di Carlo, affermava alla Commissione Ambiente della Regione Lazio: “Il Lazio presenta da oltre 10 anni una situazione di mercato stabile con società ed imprenditori facilmente individuabili, sia pubblici che privati, che hanno dato garanzia di affidabilità sia per il servizio reso che per le azioni poste in essere per garantire la salvaguardia dell’ambiente”.

Dopo queste dichiarazioni “irresponsabili”, è successo di tutto:
- l’inceneritore di Malagrotta è stato sequestrato dalla magistratura,
- il responsabile della discarica di Malagrotta è stato condannato ad un anno di carcere per aver smaltito in discarica rifiuti pericolosi come i fanghi di depurazione provenienti dall’ACEA,
- 13 persone, tra cui dirigenti dell’AMA, sono state arrestate per le gravi irregolarità verificatesi nell’inceneritore di Colleferro.

A queste società ed imprenditori “molto affidabili per garantire la salvaguardia dell’ambiente” (Cerroni, AMA, ACEA) Marrazzo ha affidato, “sotto ricatto per le foto con i trans” e con una illegale trattativa privata, l’inceneritore di Albano.

Leggi: Il decreto di citazione in giudizio

domenica 13 giugno 2010

Grazie a Manlio Cerroni, Lazio da quarto mondo

Rapporto rifiuti ISPRA, Lazio da quarto mondo
Articolo tratto dal blog Energia-Ambiente

Il problema ha più accenti. E' chiaramente politico, per la manifesta incapacità degli amministratori regionali (ed in molti casi provinciali e locali) succedutisi negli ultimi 15 anni, di trovare una congruente politica di uscita dal tunnel rifiuti. Ciò, soprattutto con la spedita andatura europea che ha riformato il settore fissando linee guida molto importanti nel trattamento, nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti. Confine labile quello politico, perchè si passa immediatamente all'analisi economica di una querelle che non arriva a trovare soluzione ed è destinata (nel Lazio, nel medio-lungo termine) a rimanere problematica. Forse, addirittura, soprattutto per la nostra regione avviene il percorso contrario, dove la lobby di discariche e termodistruttori incide a prescindere, a monte, ogni scelta amministrativa.

Lo smaltimento attuato in questi decenni, infatti, è figlio di una gestione inadeguata dal punto di vista della comunità e adeguatissimo per ciò che attiene alla speculazione economica. Presto la vera emergenza rifiuti potrebbe esplodere anche nel Lazio, portando con se, uno dopo l'altro, tutti gli altri lati della vicenda: l'impatto sanitario di un piano rifiuti mal strutturato con siti autorizzati in modo poco trasparente, il problema inerente la civiltà di una regione che brucia, che interra ed infine, l'inscindibile dipendenza politica dal sistema di gestione monopolista.
La situazione appare grave e solo in presenza di scelte coraggiose, di fondi distratti alla termodistruzione e reimpiegati verso il recupero di materia unito ad un sostanziale scollamento politico - gestorio, solo così nella Regione Lazio si potrà pervenire a scelte maggiormente perequate in chiave di sostenibilità ambientale, economica e sanitaria. Il Lazio porta l'86% del monte rifiuti (meglio specificato negli articoli sotto) in discarica, Roma esercita una pressione estrema esternalizzando i suoi problemi fuori dal proprio territorio. La capitale, la Regione Lazio non conoscono la parola raccolta differenziata, questo evidenzia come la situazione vada lentamente verso livelli di drammaticità assoluta, dove le discariche lavoreranno ancora per moltissimi anni che ne dicano politici e gestori del mondo rifiuti.

In questo quadro, con simili volumi di produzione di tal quale, sebbene la politica a più livelli continui a premere per scelte inutili proprio per non toccare il monopolio delle discariche, appare del tutto superfluo anche l'inceneritore di Albano. Impianto che appariva inutile già prima del rapporto rifiuti dell'Ispra, ma che ora assume estremi connotati speculativi e non di interesse pubblico.

Quest'impianto "vanta" infatti un iter autorizzativo ai limiti della decenza e pur di essere approvato l'ente Regione Lazio (e non solo) ha esibito il lato peggiore della politica che amministra nel teorico interesse pubblico.

Da molti profani tale impianto è visto come la panacea al problema delle discariche e rifiuti nel Lazio, cosa che ovviamente non è; dai molti coinvolti per interesse diretto, invece, è stato definito come l'impianto scaccia emergenza.

In realtà, partendo da un presupposto fisico dove la termodistruzione del Cdr non elimina alcun tipo di rifiuto bensì semplicemente lo moltiplica trasformandolo, si perviene anche alla banalissima conclusione che stante, appunto, i numeri prodotti dall'ultimo rapporto rifiuti dell'ISPRA, l'inceneritore di Albano e dei Castelli Romani non servirà a niente.

E questo è giusto che lo sappiano anche gli organi amministrativi chiamati a decidere il futuro di questo inceneritore. Il Lazio ha numeri da trattare di una "caratura" tale che vanno ben oltre l'inutile e dannosa scelta della termocombustione, superando per giunta le oltre 160.000 tonnellate di Cdr. Ma, soprattutto, la regione amminsitrata da Renata Polverini è zeppa di tal quale e, appunto, non ha Cdr.

Attualmente resta pendente un piano rifiuti commissariale che ha concentrato le forze su di un impianto ora più che mai del tutto inutile ed il cui iter non è mai passato al vaglio del precedente consiglio regionale.

Il Lazio si avvicina all'emergenza rifiuti per una vera mancanza di volontà atta ad evitare tale crisi. Il problema che si pone non è quello delle infrastrutture, peraltro obsolete se parliamo ancora di discariche e gassificatori, il problema che si pone è di gestione. Se non si risolve tale problema riconducendo il monopolio ad un sistema almeno moderato di conduzione, dove più attori possono recitare la loro parte e dove il potere politico-amministrativo riesca a mettere in campo decisioni concrete e svincolate, l'emergenza sarà prossima. Occorre quindi ricalibrare l'intera struttura di controllo e comando, partendo dall'assunto che chi ora detiene questo controllo, facendo si che Roma ed il Lazio conferiscano nelle proprie discariche l'86% dell'intero stock rifiuti e presentando l'obsoleto (inceneritori) come il nuovo, non sarà certo incline a tali decisioni.

Servono appunto scelte coraggiose.

In ballo non ci sono solo miliardarie baronie, c'è il futuro territoriale e sanitario di un'intera città e di un'intera regione per almeno i prossimi 30 anni. Il problema di emergenza dunque è prima ancora un problema di legalità con accenti politico-economici da dirimere, pena il limbo del quarto mondo, territori devastati e cittadini malati, il tutto consapevolmente.Regione Lazio ancora da record con risultati al limite del sottosviluppo economico, sanitario e di civiltà per ciò che attiene la gestione, il trattamento e la produzione di rifiuti solidi urbani. La nostra Regione “vanta” due record: il primo riguarda livelli di raccolta differenziata estremamente bassi, il secondo concerne lo stock del monte rifiuti conferito in discarica, ben l’86 % (leggete bene, l’ottantasei per cento).

Questi numeri da delirio civile non sono certo frutto del caso.

Rappresentano in primis il risultato della oggettiva “maggiore” competenza sbandierata in un famoso video dall’ex assessore con delega ai rifiuti, Mario Di Carlo, ma è chiaro come il problema risieda anche altrove e cioè in una filiera rifiuti completamente distorta nella sua gestione.

Finchè i cittadini e le istituzioni si confronteranno con monopolisti assoluti delle discariche e degli inceneritori del calibro di Manlio Cerroni, quest’ultimo non avrà mai interesse a riciclare e differenziare.

Il Lazio infatti è la Regione che annovera la discarica più grande d’Europa in mano ad un privato monopolista, sito che gli amministratori regionali e comunali (Roma) non riescono a chiudere da anni perchè in preda ai dictat dello stesso che esercita il bello ed il cattivo tempo.

L’ente Regione Lazio è l’istituzione che nell’ultimo commissariamento rifiuti ha concepito un piano rifiuti (Marrazzo) autorizzando l’inceneritore dei Castelli Romani senza gara d’appalto, viziando il procedimento autorizzativo con provvedimenti farsa e collocando (logicamente) l’impianto di termodistruzione all’interno dell’ennesima discarica del monopolista di cui sopra ed a cui sarà assegnata anche la gestione del paventato gassificatore.

Buche e bruciatori in nome della speculazione e del dramma sanitario autorizzato dagli organi istituzionali. Il Lazio ha la rotta segnata per i prossimi 30 anni, indirizzo garantito da Badaloni e Storace, rafforzato da Marrazzo e che Renata Polverini non sembra certo voler cambiare.

Nel Lazio la vera emergenza rifiuti è quella che stanno creando, si brucia, si interra e non si differenzia, la “civiltà” prima di tutto.

venerdì 11 giugno 2010

I 48 Sindaci soci di Gaia possono essere condannati dalla Corte dei Conti

La società pubblica GAIA, fiore all’occhiello di 48 Sindaci “inceneritoristi” del Lazio, è riuscita a farsi incriminare per ipotesi di truffa, frode e corruzione, emissione di fatture false, truffa ai danni dello stato e bancarotta fraudolenta.

In particolare, la storia della truffa di 30 milioni di euro per la discarica inesistente di Colleferro, con tanto di esibizione di “fatture false” dei lavori non eseguiti e di dichiarazioni bollate che era stata costruita a regola d’arte, fa impallidire anche Totò con la famosa vendita della Fontana di Trevi.

Di tutta la vicenda non si capisce perché la Commissione parlamentare e in particolare l’On. Antonio Rugghia, autorevole senatore dei Castelli Romani, abbiamo cercato di minimizzare (o meglio assolvere) le gravissime responsabilità dei 48 (quarantotto) Sindaci della zona?

Abbiamo chiesto un autorevole parere giuridico sul tema della responsabilità dei Sindaci, che di seguito pubblichiamo.

“Un orientamento giurisprudenziale, maturato rispetto ad eventi occorsi nel regime dei rapporti pubblici istituzionali/societari, ci avverte che il fatto stesso di ignorare volutamente i segnali di una possibile dissesto della gestione sociale di una partecipata del Comune è condotta suscettibile di dare luogo ad un comportamento negligente caratterizzato da colpa grave.

Tutto ciò è conseguenza del fatto che all’Ente locale compete l’onere di svolgere al meglio le proprie funzioni istituzionali – agendo con tutte le opportune cautele del caso – non solo nella gestione diretta della res publica, ma anche nell’esercizio dei poteri di indirizzo e di controllo delle società partecipate.

A conferma di quanto sopra, resta insuperata per eloquenza e chiarezza la sentenza della Corte dei Conti, sez. Lazio, del 10 settembre 1999, con la quale il Sindaco del Comune di Tivoli socio unico di "Acque Albule SpA", viene condannato per mancato esercizio di azione sociale di responsabilità nei confronti di amministratori della società resisi responsabili di comportamenti illegittimi ed illeciti, nonché della violazione delle regole di gestione (efficienza, economicità ed efficacia) cui deve uniformarsi l'azione di qualsiasi amministrazione pubblica o privata.

L'obiettivo della Corte in tale occasione era quello di affermare la responsabilità del Sindaco del Comune socio, che avrebbe dovuto verificare l'andamento della gestione della società, esercitando, ove necessario, i propri poteri dell'azionista di controllo.

In altre parole ciò significa che, in presenza di segnali gravi e certi che indichino pressanti difficoltà economico – finanziarie, pregiudizievoli al regolare funzionamento di una società partecipata, il funzionario e l'amministratore pubblico hanno il dovere di vigilare sull'andamento della relativa gestione, nonché l’onere di intraprendere tutte le iniziative in loro potere, utili per agevolare al meglio il ripristino della normale e corretta gestione societaria, con la messa in atto degli idonei rimedi correttivi”.

Morale della favola, i 48 Sindaci dei Comuni soci di GAIA avrebbero dovuto controllare l’andamento della gestione della società.

Anche la Corte dei Conti dovrà indagare su questa gravissima vicenda.

mercoledì 9 giugno 2010

L'allarme dei carabinieri "Sui rifiuti un oligopolio"

Rapporto alla commissione bicamerale presieduta da Pecorella
«Non c'è concorrenza, i cittadini pagano un prezzo salato»
Corriere della Sera Roma di sabato 5 giugno 2010
di Fulloni Alessandro

Una discarica, quella di Malagrotta - «la più grande d'Europa» - che ha raggiunto «livelli di avanzata saturazione. «Analogo disagio» si registra negli altri 5 bacini della provincia di Roma, anche questi «prossimi» al riempimento definitivo.

E ancora: una raccolta rifiuti che nel Lazio è dominata da «un oligopolio che non favorisce la concorrenza» e che «incide sui prezzi».

La strategia di impiegare i termovalorizzatori, inoltre, «non rappresenta lo soluzione migliore».

Questo perché, in sintesi, tra raccolta e smaltimento occorre più energia di quella prodotta dalla trattazione della spazzatura.

Non bastasse: «il 30 per cento di quanto viene bruciato resta cenere, con evidenti ricadute negative sia sul piano igienico che sanitario».

Nero su bianco, è quello che scrivono i carabinieri del comando proinciale di Roma in un rapporto inviato il 18 maggio alla commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti presieduta dal deputato Gaetano Pecorella.

Il dossier, arrivato assieme a quelli della Guardia di Finanza e della Questura, finirà nella relazione sul Lazio che entro luglio sarà ultimata da Candido De Angelis e Antonio Rugghia, rispettivamente senatori del Pdl e del Pd.

Dalle audizioni di prefetti, questori e magistrati sta emergendo uno scenario sconcertante di truffe allo Stato, distrazioni di fondi Ue, precari controlli ambientali. E adesso c'è anche questa relazione dei carabinieri che lancia l'allarme sulle discariche romane prossime alla saturazione. Con il rischio che presto l'immondizia resti a marcire per strada come a Napoli.

La disamina tracciata dagli esperti ambientali dell'Arma è impietosa.

Nel Lazio la gestione dell'immondizia è «commissariata a fasi alterne dal 1999». Però non è «mai stata data concreta attuazione alla direttiva Ue» che prevede la riduzione e il recupero dei rifiuti quale scelta prioritaria rispetto allo smaltimento in discarica e all'incenerimento». Cioè i sistemi che restano indigesti al verde e all'atmosfera.

In sostanza non si fa la differenziata e per questo «nella Capitale e nella Regione l'86 per cento del monte rifiuti» finisce nei bacini di raccolta a cielo aperto. Spazzatura «tal quale» - cioè quella buttata nei secchioni - che non diventa cdr, il combustibile da rifiuto «ridotto e trattato» che dovrebbe alimentare in modo esclusivo i termovalorizzatori su cui ha scommesso la Regione.

Sono i due impianti a Colleferro, quello di San Vittore, il gassificatore inaugurato a Malagrotta un anno fa e il quinto impianto in «predicato di realizzazione - scrivono i carabinieri - a Cecchina», vicino Albano.

Ma proprio a Colleferro le indagini del Nucleo operativo ecologico di Roma hanno rivelato come nell'inceneritore siano stati bruciati copertoni, coltelli da cucina, forchette, panni e filtri di industrie chimiche senza alcun controllo sulle esalazioni finite nell'aria.

Non solo. In altre audizioni gli investigatori hanno riferito di «sistematica» trasformazione, avvenuta con certificazioni false, di normale spazzatura nell'ecocombustibile destinato ai termovalorizzatori il cui costosissimo trattamento è premiato con soldi pubblici.

Proprio il business privilegiato dall’oligopolio.

Se nel Lazio sparisce il cdr, presunto o reale, «viene meno il meccanismo» dietro al quale si celano «cartelli, intermediari, guadagni», ha chiarito un ufficiale del Noe alla commissione.

«Ma il tutto comporta un costo enorme per i cittadini».

lunedì 7 giugno 2010

La società pubblica GAIA e i 48 sindaci ladroni

Dalle audizioni della “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti” emergono scenari inquietanti sulla gestione dei rifiuti nel Lazio.

Al centro dell’attenzione è sempre GAIA, la società pubblica di proprietà di 48 comuni dei Castelli Romani e della zona di Frosinone.

La società pubblica GAIA, fiore all’occhiello di 48 Sindaci del Lazio, è riuscita a farsi incriminare per ipotesi di truffa, frode e corruzione, emissione di fatture false, truffa ai danni dello stato e bancarotta fraudolenta.

In particolare, la storia della truffa di 30 milioni di euro per la discarica inesistente di Colleferro, con tanto di esibizione di fatture false dei lavori eseguiti e di dichiarazioni bollate che era costruita a regola d’arte, fa impallidire anche Totò con la famosa vendita della Fontana di Trevi.

Ma sentiamo il racconto del dottor Giuseppe Travaglini, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri: “Da lì è iniziato un approfondimento, in modo particolare su alcuni finanziamenti riguardanti la costruzione della seconda discarica a Colleferro. Questa seconda discarica - che è stata finanziata per oltre 30 milioni di euro nel 2004 e che risulta dalle dichiarazioni del legale rappresentante della società già in opera e completamente edificata nel 2005 - oggi a Colleferro non esiste. Per la verità, non esiste neanche il progetto esecutivo di quella discarica. Non esiste assolutamente niente. Eppure, sono state giustificate spese per circa 30 milioni di euro, tramite esibizione di fatture”.

Ma che ruolo hanno avuto in questa vicenda i 48 Sindaci proprietari di GAIA?

La senatrice Daniela Mazzuconi non ha dubbi: i 48 Sindaci non potevano non sapere.

“Siamo in presenza di una società che è stata definita pubblica. O meglio, di una società di diritto privato, che ha soci pubblici.Le chiedo se sia possibile che nella vicenda narrata ci si possa trovare di fronte solo a questioni legate all'amministratore delegato e ad alcuni consiglieri (neanche a tutti, perché alcuni avevano un potere limitato, la cui natura non è ben chiara). Esiste un' assemblea di soci che, normalmente, secondo gli statuti, ha una qualche responsabilità sia nell'indicare le politiche della società, sia nell'approvare i bilanci e quant'altro.Mi chiedo se sia possibile che i soci fossero completamente all'oscuro. Non conoscendo quella realtà territoriale, immagino che, o siamo di fronte a soci assolutamente incompetenti e incapaci di cogliere quanto veniva detto, cioè che sussistevano falsi così palesi per cui i soci stessi avrebbero dovuto costituirsi contro i propri amministratori, oppure si deve ipotizzare una qualche responsabilità, non solo di natura politica, in capo almeno a una parte dei soci. Questi ultimi, pur essendo soggetti pubblici, avevano infatti nominato quel consiglio d'amministrazione e quell'amministratore delegato.Questa considerazione, che vale per tutti gli altri aspetti di questa vicenda e non solo per quello odierno, mi comincia a risuonare in testa e nel cuore troppo spesso”.

E’ ora di cominciare a pubblicare i nomi e le responsabilità dei 48 Sindaci “inceneritoristi” dei
Castelli Romani e della zona di Frosinone.

Perchè Antonio Rugghia, autorevole senatore dei Castelli Romani, non dice nulla sul ruolo indecente tenuto da 48 (quarantotto) Sindaci della zona?

La vicenda di GAIA dimostra che il sistema dell’incenerimento è “un modello che genera spaventevoli costi per l'amministratore comunale e per i cittadini e che innesca una serie di reati a catena”.

Nel Lazio non si produce CDR, ma Marrazzo ha previsto 12 linee di incenerimento (tre a Malagrotta, due a Colleferro, tre a San Vittore, tre ad Albano).

E’ possibile che una scelta così pericolosa, che espone la Regione ad un aumento esponenziale di reati e di illegalità, sia stata presa da una sola persona, tra l’altro sottoposta a continui e ripetuti ricatti per storie di trans e di filmini porno?

E’ ora di sottoporre a referendum questa scelta immorale al fine di incenerire il Piano Marrazzo sulla gestione dei rifiuti.

Leggi l'Audizione del dottor Giuseppe Travaglini, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri.

sabato 5 giugno 2010

Carta e plastica nel traffico di rifiuti con la Cina e negli inceneritori

Le audizioni della “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti” aprono una panoramica incredibile sulla gestione dei rifiuti in Italia e, soprattutto, nel Lazio.

Un vero peccato che quando l’audizione si fa interessante, la seduta diventa segreta.

Due sono i temi più importanti esaminati dalla Commissione: le illegalità commesse con gli inceneritori di Colleferro, di proprietà pubblica di 48 sindaci “inceneritoristi”, e l’illegalità del traffico dei rifiuti con la Cina, denunciate dal Questore di Roma nell’audizione del 25 maggio 2010.

Con riferimento agli inceneritori, nelle audizioni è emerso che nel Lazio non c’è il CDR (il Combustibile da Rifiuti): “Allo stato non esistono impianti di CDR tali da supportare l'alimentazione «Lazio su Lazio» di tutte queste linee”.

Allora, perché costruire nel Lazio 12 linee di incenerimento (tre a Malagrotta, due a Colleferro, tre a San Vittore e due o tre ad Albano).

A Colleferro l’AMA, altra società pubblica del Sindaco di Roma Alemanno, conferiva copertoni, coltelli da cucina, forchette, panni, umido e altro anziché CDR.

Il CDR è la parte secca dei rifiuti ed è costituita in prevalenza da carta e plastica.

Ma quale sarà mai il senso di bruciare la carta e la plastica in un inceneritore?

Per comprendere bene questa stranezza, è illuminante l’audizione del Dott. Giuseppe Peleggi, Direttore dell’Agenzia delle Dogane.

Dalla sua relazione è emerso che le esportazioni di merci catalogate come avanzi, ritagli e scarti sono per il 48% carta e per il 5% plastica; le parti di auto sono solo il 28%, il ferro e l’acciaio il 5%, il rame il 4%.

Nell’immaginario collettivo, la Cina viene vista come il Paese che cerca di accaparrarsi tutte le “Materie Prime Secondarie” per garantire la sua crescita economica.

Invece, dai dati pubblicizzati dall’Agenzia delle Dogane emerge che la Cina è particolarmente interessata alla nostra carta e alla nostra plastica?

La risposta al quesito emerge con chiarezza dall’audizione del Direttore dell’Agenzia delle Dogane:

“… Non abbiamo mai trovato la mondezza «vera» dentro ai container in uscita”.

“… L’ampiezza del flusso di carta comporta complesse attività di analisi poiché il rischio di violazione ambientale legato alla carta è che essa venga esportata mescolata ad altri materiali, costituendo quindi un rifiuto. In alcuni casi, per esempio, è stato accertato l’utilizzo di avanzi di carta come materiale assorbente per l’eliminazione fraudolenta di scarti di lavorazione chimici in forma liquida”.

“ … non si trattava di cascami o avanzi di lavorazione, direttamente impiegabili in un processo industriale per la fabbricazione di prodotti con la stessa materia prima, bensì di prodotti misti per la presenza di sostanze e materiali estranei ai processi di riciclaggio della plastica e non adeguatamente trattati”.

“… lavoriamo su casi in cui il PET esce con il materiale plastico inquinato, presumibilmente arriva in un altro Paese, dove questo materiale plastico inquinato (i teloni agricoli e il PET raccolto dalla differenziata) viene fuso tutto assieme e trasformato in bottiglie di plastica, che tornano nel nostro frigorifero”.

“… I controlli effettuati hanno consentito di intercettare e sottoporre a sequestro più di 2.400 tonnellate di rifiuti stipati in 100 container, composti per più del 95 per cento da carta da macero e per la restante parte da plastica, supporti magnetici, apparati elettronici fuori uso e alluminio incenerito, e identificando tredici aziende i cui legali rappresentanti sono stati denunciati alle competenti autorità giudiziarie”.

“… Nella maggioranza dei sequestri effettuati dagli uffici delle dogane, i controlli fisici e le analisi di laboratorio condotte dalle ARPA e dai laboratori chimici dell’Agenzia delle dogane, hanno accertato la presenza di sostanze chimiche non ammesse, facendo ipotizzare i delitti di traffico illecito di rifiuti, poiché le spedizioni non avevano subito il trattamento o la bonifica dichiarata”.

Questo è il CDR (carta e plastica inquinate) che alimenterà le 12 linee di incenerimento del Lazio (tre a Malagrotta, due a Colleferro, tre a San Vittore e due o tre ad Albano)?

Parole sante quelle della senatrice Daniela Mazzucconi in merito agli inceneritori: “Si tratta di un modello che genera spaventevoli costi per l'amministratore comunale e per i cittadini e che innesca una serie di reati a catena”.

Speriamo, infine, che Marrazzo dica finalmente la verità: perché le autorizzazioni per l’inceneritore di Albano è stata data in tutta fretta il 13 agosto 2009 e per l’inceneritore di Malagrotta il 18 agosto 2009, mentre l’ex Governatore era sotto ricatto per le famose foto?
Quando finirà questa scia di sangue?

Leggi con attenzione tutta l’audizione e scaricala sul tuo pc: audizione del Dott. Giuseppe Peleggi, Direttore dell’Agenzia delle Dogane.

venerdì 4 giugno 2010

Viaggio nelle attività illecite del ciclo dei rifiuti della Regione Lazio (seconda puntata)

Continua il viaggio nelle audizioni alla “Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti”.

Nella seconda puntata pubblichiamo il testo dell’audizione del capitano Pietro Rajola Pescarini, Comandante del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma.

In questa puntata si parla dell'attività di indagine del NOE in merito agli inceneritori di Colleferro, coordinata dalla procura di Velletri.

Dall’indagine del NOE sono scaturite nella province di Roma, Latina, Frosinone, Napoli, Avellino, Bari, Foggia, Grosseto e Livorno 13 ordinanze di custodia cautelare e 25 avvisi di garanzia per reati importanti, quali l'associazione a delinquere, l'attività organizzata per il traffico illecito dei rifiuti, falso ideologico, truffa aggravata ai danni dello Stato, favoreggiamento, violazione dei valori limite di emissione in atmosfera, accesso abusivo a sistemi informatici.

Questo è il frutto del sistema di gestione dei rifiuti organizzato per la Regione Lazio da Marrazzo.

L’ex Presidente della Regione Lazio è stato miseramente sbugiardato durante tutta l’audizione.

Antonio Rugghia: “È stato detto dal Presidente Marrazzo che, sulla base della convenzione sottoscritta nel 2006 con i NOE, sono stati attivati una serie di controlli, sulla base di informazioni fornite dalla Regione Lazio, che hanno portato a diverse indagini, tra cui questa”.

Pietro Rajola Pescarini (Comandante del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma): “Assolutamente no”.

Il Presidente Gaetano Pecorella: “Mi pare che si debba domandarle se, specificamente, la Regione Lazio vi abbia rappresentato il problema Colleferro, per cui l'indagine è partita da tale segnalazione”.

Pietro Rajola Pescarini (Comandante del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma): “Assolutamente no … Questa indagine è iniziata perché un dipendente dell'impianto, tale Celli, ha voluto sporgere denuncia. Siamo andati a parlare con il dottor Cirielli, che ci ha dato la delega e così abbiamo iniziato un'attività riservatissima, che si è conclusa con gli arresti”.

Anche l’AMA di Alemanno ha fatto un figurone nel corso dell’audizione.

Infatti, dall’audizione del Comandante del NOE è emerso che:
“… Secondo elementi probatori e dati certi, che hanno retto anche al di fronte al GIP e al tribunale del riesame, l'impianto AMA di Roma conferiva copertoni, coltelli da cucina, forchette, panni, umido e altro anziché CDR”.
“… Dalle indagini svolte, il materiale che l'AMA conferiva all'impianto di Colleferro non era CDR, tant'è vero che anche il responsabile dell'impianto AMA è stato tratto in arresto”.
“… Il materiale conferito era spacciato per CDR, ma non era accompagnato dalle analisi previste dopo la decantazione, né da quelle settimanali, era accompagnato da analisi false”.
“.. Il materiale spacciato per CDR e conferito negli impianti faceva saltare i limiti di emissione in atmosfera previsti dal Consorzio Gaia ed in remoto, dalla Toscana, si provvedeva a far rientrare i limiti nella norma in modo informatico.
Sono stati arrestati anche i responsabili del laboratorio informatico in seguito al reperimento di elementi probatori continuati nel tempo. Nel corso di un anno, in modo continuativo e sistematico, sono state raccolte prove di reato, fino a pochi giorni prima dell'arresto”.

Nell’audizione è stato fondamentale il contributo del commissario Antonio Rugghia, autorevole senatore dei Castelli Romani, nel conteggio, clamorosamente sbagliato, degli impianti di incenerimento nel Lazio.

Antonio Rugghia: “Le domando specificamente se nel Lazio ci sarebbe la possibilità di mantenere in funzionamento cinque linee di termovalorizzazione attraverso gli impianti che producono CDR”.

Pietro Rajola Pescarini (Comandante del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma): “Le linee sono più di cinque. Infatti, tre dovrebbero partire a Malagrotta, due a Colleferro, tre a San Vittore (dove stanno già usando la terza) e due o tre ad Albano. Quindi, si tratta di 11 o 12 linee.
Allo stato non penso ci siano impianti CDR tali da alimentare 12 linee.
Allo stato non esistono impianti di CDR tali da supportare l'alimentazione «Lazio su Lazio» di tutte queste linee.”

Ma allora perchè fare 12 linee di incenerimento?

La senatrice Daniela Mazzucconi ha constatato amaramente che “Si tratta di un modello che genera spaventevoli costi per l'amministratore comunale e per i cittadini e che innesca una serie di reati a catena” e ha concluso con una terribile domanda: “Vorrei capire, in tutta questa vicenda che lei ci ha narrato, quale sia stato il ruolo delle province di questa regione”.

Si, anche noi vorremmo capire il ruolo della Provincia di Roma e del suo inutile Presidente Zingaretti.

Leggi ora con attenzione tutta l’audizione e scaricala sul tuo pc (questo blog potrebbe essere oscurato): audizione del dottor capitano Pietro Rajola Pescarini, Comandante del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma.

mercoledì 2 giugno 2010

Purtroppo la vera “Gomorra” è nel Lazio

Iniziamo oggi il viaggio nelle audizioni alla “Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti”.

Purtroppo la vera “Gomorra” è nel Lazio.

Un gigantesco impero del male inizia con la società pubblica GAIA, un consorzio di 48 comuni dei Castelli Romani e della Provincia di Frosinone che gestisce i due inceneritori di Colleferro, e finisce con il Coema, la società a maggioranza pubblica di Cerroni-Ama-Acea che vuole realizzare l’inceneritore più grande del mondo ad Albano.

Cominciamo con l’audizione del dottor Giancarlo Cirielli, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri.

Il suo racconto sull’indagine condotta è un susseguirsi di reati, truffe, ricatti, tangenti, raggiri, falsi documenti, manomissioni del sistema informativo di controllo, arresti, intercettazioni, indagati. Attori principali: la società pubblica GAIA e la società pubblica AMA. Comparse: 48 Sindaci “inceneritoristi” azionisti della società pubblica GAIA, gli enti pubblici (Regione, Provincia e Arpa) che non hanno effettuato i doverosi controlli.

Lo scandalo è tale che il Commissario Candido De Angelis ha dichiarato: “L'AMA, che è una società pubblica, come pubbliche sono le società che gestiscono i termovalorizzatori, equivale a parlare di noi, dello Stato. In tutto questo affare non riesco a vedere il lucro: l'AMA, che è Stato, raccoglie il CDR «fasullo» e lo conferisce a due termovalorizzatori pubblici, in cui si commettono ulteriori reati. Poi, due società pubbliche (una è un consorzio di ventiquattro comuni, l'altra è a metà tra un consorzio di ventiquattro comuni e il Comune di Roma) vendono elettricità a un terzo ente pubblico, cioè sempre allo Stato! L'AMA sapeva bene che non conferiva al proprio termovalorizzatore del CDR, bensì altra cosa.”

Nell’audizione è stato fondamentale il contributo del commissario Antonio Rugghia, autorevole senatore dei Castelli Romani, che rivolto verso il Dott. Cirielli ha dichiarato: “Non ho, francamente, alcuna domanda da porle”.

Leggi ora con attenzione tutta l’audizione e scaricala sul tuo pc (questo blog potrebbe essere oscurato): l’audizione del dottor Giancarlo Cirielli, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri.

lunedì 31 maggio 2010

Raccolta e stoccaggio: Spariti milioni di euro

I raggiri: La relazione di magistrati, questori e prefetti
Fondi Ue volatilizzati, autorizzazioni scadute, consumi falsificati.

Corriere della Sera Roma
Sabato 29 maggio 2010, pagina 3

Truffe allo Stato, distrazioni di fondi Ue, precari controlli ambientali. Tutto fra Roma e province. E' lo scenario attorno alla raccolta e allo stoccaggio della spazzatura secondo quel che martedì hanno raccontato magistrati, questori e prefetti del Lazio alla commissione sul ciclo dei rifiuti.

A Frosinone la procura indaga sulle attività della Saf, la società pubblica (i proprietari sono Provincia e comuni) che gestisce la discarica di Colfelice. Buona parte dei 26 milioni di euro inviati dalla Ue e passati per la Regione Lazio sarebbero stati «distratti».

«I soldi avrebbero dovuto garantire l'adeguamento dell'impianto - ha spiegato il questore Alfonso La Rotonda ma la squadra mobile e la guardia di finanza hanno scoperto che i lavori effettuati sono stati ben pochi. E certificati in maniera differente da quel che effettivamente è stato verificato».

A Colleferro, ha raccontato il pm della procura di Velletri Giancarlo Cirieffi, si indaga su una truffa ai darmi dello Stato che ha visto l'azienda a capitale pubblico che gestisce i due termovalorizzatori dichiarare un consumo di metano inferiore a quello effettivo, incassando fondi pubblici non dovuti per 43 milioni di euro.

Adesso la difesa degli indagati - in sostanza alcuni dirigenti della società commissariata dopo le indagini - sollecita la derubricazione del reato di truffa. Siccome i due impianti sono in vendita (circostanza di cui i parlamentari della commissione non sapevano nulla) gli effetti dell'inchiesta potrebbero danneggiare la trattativa.

Si è scoperto inoltre che i termovalorizzatori di Colleferro a lungo hanno lavorato con autorizzazioni regionali provvisorie se non addirittura scadute.

Sono state bruciate tonnellate di rifiuti «senza che si sia saputo cosa sia finito nell'atmosfera», è la sintesi di Cirielli.

E a Latina è il questore Nicola D'Angelo a segnalare un pericolo nella discarica di Borgo Montello dove in un incavo sarebbero interrati da anni - la segnalazione è di un pentito di camorra - rifiuti tossici.

Un rapporto dell'Enea parla genericamente di «massa metallica sotterrata».
«Non è nelle mie competenze, ma da poliziotto - osserva D'Angelo, investigatore che arrestò numerosi boss della Magliana - andrei a vedere di cosa si tratta di preciso».

domenica 30 maggio 2010

Giro di truffe intorno alle discariche laziali

IL CASO: Traffico di rifiuti tossici tra Roma e Cina
Gli scarti tornano in Italia come giocattoli e abiti
L'allarme arriva dal questore Caruso che segnala: giro di truffe intorno alle discariche laziali. Controlli colabrodo
Centinaia di balle di rifiuti non trattati


ROMA - Rifiuti non trattati che dal Lazio partono di contrabbando per la Cina, dribblando i controlli distratti di alcuni funzionari doganali. «Centinaia di container» zeppi di spazzatura triturata. Che poi, trasformata in materiale plastico «dannosissimo per la salute», rientra in Italia sotto forma di giocattoli e indumenti. Le preoccupate parole sono quelle pronunciate martedì dal questore della Capitale Giuseppe Caruso alla commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti, presso la quale è stato ascoltato assieme ai responsabili dell’ordine pubblico delle 5 province del Lazio. C’è un allarme inquietante. «Quel traffico diretto da un cinese sta continuando, con l’avallo» delle complicità che lo hanno reso possibile. Questo succede nonostante un’indagine sia stata conclusa nel 2008 dalla squadra mobile di Roma con la richiesta di 17 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di cinesi e di «amministratori delegati di società non solo del Lazio legate allo smaltimento dei rifiuti». Ma l’inchiesta per ora resta senza manette visto che da due anni «i provvedimenti sono fermi al vaglio dell’autorità giudiziaria».

L’audizione è l’ultima di una serie, convocata dal presidente Gaetano Pecorella, iniziata con l’obiettivo di evitare che tra Roma, Latina, Viterbo, Frosinone e Rieti esploda un’emergenza come quella che a Napoli ha lasciato per lunghi mesi la spazzatura a marcire per strada. «Non siamo a questo punto, ma la situazione è difficile», è la sintesi del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro che ha parlato di una raccolta rifiuti che nella regione è indirizzata per l’86 per cento - il dato è il più alto del centro Italia - nelle discariche. Che però, soprattutto nei pressi della Capitale (Malagrotta, Cecchina, Bracciano, Civitavecchia e Colleferro) «sono sull’orlo dell’esaurimento». Senza contare il corollario di truffe, violazioni delle norme ambientali e controlli inesistenti. Martedì Pecoraro, sollecitando «un potenziamento dell’Arpa a scopo preventivo» ha parlato di «rifiuti tossici provenienti dal Nord Italia e dall’Europa interrati nei cantieri della linea Tav Roma-Napoli».

Ma c’è molto altro nei resoconti delle audizioni (con le testimonianze di magistrati, investigatori delle forze dell’ordine e tecnici) raccolti nel certosino dossier sul Lazio condotto dai senatori Candido De Angelis, Pdl, e Antonio Rugghia, Pd. Oltre al caso dei 40 milioni di euro spariti per costruire quella discarica ai Castelli che esiste solo sulla carta, c’è da capire come sia stato possibile che per 5 anni il termovalorizzatore di Colleferro abbia bruciato copertoni, coltelli da cucina, forchette, panni e filtri di industrie chimiche spargendo nell’aria diossina e altri veleni senza che nessuno se ne accorgesse.

Una catena impressionante di controlli-colabrodo, con le preoccupate denunce dell’Arpa rimaste prive di seguito. E infine quella «triangolazione» di rifiuti tra Lazio e Cina. Nel rapporto scritto dal capo della mobile romana Vittorio Rizzi apposta per la commissione parlamentare - dopo l’autorizzazione della procura di Roma - si parla di «meccanismo spudorato». Il colossale quantitativo di immondizia arriva, trasportata in container, in una discarica abusiva dalle parti di Frosinone. Da qui, dopo essere stata «triturata» riparte dal porto di Napoli, con qualche funzionario doganale che si gira dall’altra parte, verso la Cina accompagnata da carte false che definiscono la spazzatura «materia prima secondaria». Tutto rientra in Italia - è la certezza degli investigatori della mobile che però hanno bisogno dell’autorizzazione per arresti e perquisizioni per provare la circostanza - sotto forma di «bambole, giocattoli, abiti che usano i nostri figli e i nipoti», ha concluso il questore Caruso. «Roba nociva per la salute. E’ un fatto di una gravità estrema» ha concluso il questore dopo le domande dei parlamentari della commissione.

Alessandro Fulloni
«Corriere della sera», edizione romana , pagina 3
29 maggio 2010