Nel 1972 Italo Calvino, nelle "Città invisibili", tratteggiava il profilo di Leonia, città che consumava più di quello di cui aveva bisogno, profetizzando (è il caso di dirlo) una guerra tra città vicine per respingere i reciproci immondezzai.
Riprendere quelle parole e contestualizzarle all'oggi è impressionante.
Basta sostituire il nome della città di Leonia con Roma o con Napoli e il testo scritto da Italo Calvino diventa di grandissima attualità.
Basta vedere il Sindaco di Roma Alemanno che spinge per portare i rifiuti fuori Roma, nella discarica di Bracciano o nell'inceneritore di Albano.
Basta vedere la neo Presidente della Regione Lazio Polverini che, per non saper nè leggere nè scrivere, ha riproposto di fatto il Piano Marrazzo: stesse discariche e stessi inceneritori.
Il vero eroe in questa vicenda è il signor Cerroni che ha sicuramente letto il testo di Italo Calvino.
Cerroni è il re di Leonia e sa che Malagrotta un giorno dovrà chiudere, che non potrà alzare all'infinito le sue discariche.
Ma Cerroni, il re di Leonia, ha già acquistato i terreni per la nuova discarica di Roma in località Solforate a confine con il comune di Pomezia.
Così, con l'inceneritore di Albano sarà tutto casa e bottega.
Tanto ACEA già inquina gli abitanti dei Castelli Romani con l'acqua all'arsenico, cosa saranno mai un pò di nanoparticelle dell'inceneritore.
E ci sarà sempre un portaborse di un ex Assessore alla Sanità pronto a dichiarare che l'alta mortalità è solo effetto della deprivazione sociale.
LEONIA - Da "Le Città invisibili" di ITALO CALVINO
La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall'involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche che dall'ultimo modello d'apparecchio.
Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti di Leonia d'ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo i tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d'imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose di ogni giorno vengono fabbricate vendute comprate, l'opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l'espellere, l'allontanare da sé, il mondarsi d'una ricorrente impurità. Certo è che gli spazzaturai sono accolti come angeli, e il loro compito di rimuovere i resti dell'esistenza di ieri è circondato d'un rispetto silenzioso, come un rito che ispira devozione, o forse solo perché una volta buttata via la roba nessuno vuole più averci da pensare.
Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori dalla città, certo; ma ogni anno la città s'espande, e gli immondezzai devono arretrare più ontano; l'imponenza del gettito aumenta e le cataste s'inalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto. Aggiungi che più l'arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermantazioni e combustioni. E' una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne.
Il risutlato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d'ieri che s'ammucchiano sulle spazzature dell'altroieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri.
Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo, al di là dell'estremo crinale, immondezzai d'altre città, che anch'esse respingono lontano da sé le montagne di rifiuti. Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta. I confini tra le città estranee e nemiche sono bastioni infetti in cui i detriti dell'una e dell'altra si puntellano a vicenda, si sovrastano, si mescolano.
Più ne cresce l'altezza, più incombe il pericolo delle frane: basta che un barattolo, un vecchio pneumatico, un fiasco spagliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di scarpe spaiate, calendari d'anni trascorsi, fiori secchi sommergerà la città nel proprio passato che invano tentava di respingere, mescolato con quello delle altre città limitrofe, finalmente monde: un cataclisma spianerà la sordida catena montuosa, cancellerà ogni traccia della metropoli sempre vestita a nuovo. Già dalle città vicine sono pronti coi rulli compressori per spianare il suolo, estendersi nel nuovo territorio, ingrandire se stesse, allontanare i nuovi immondezzai.
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