sabato 31 agosto 2013

Denunciati alla Corte dei Conti per scarsa raccolta differenziata gli amministratori del Comune di Albano Laziale

Inviata la denuncia al Procuratore Regionale della Corte dei Conti della Regione Lazio contro il danno erariale prodotto dagli Amministratori e dai dirigenti del Comune di Albano Laziale in merito ai miseri ed inefficienti risultati della raccolta differenziata.

Di seguito viene riportato il testo della denuncia che ogni comitato e ogni cittadino può riprendere per denunciare di danno erariale i propri inefficienti amministratori e dirigenti comunali per i bassi risultati ottenuti nella raccolta differenziata.

La denuncia alla Corte dei Corte può essere un forte stimolo ai nostri amministratori per applicare finalmente la legge ed iniziare la raccolta differenziata, avvicinando il nostro Paese alle buone e virtuose pratiche dei Paesi europei più sviluppati.

Il rilancio della raccolta differenziata può costituire, inoltre, un ottimo stimolo per lo sviluppo e la crescita del Paese, proprio in un momento di grave crisi economica e sociale.


Di seguito viene riportato il testo della denuncia.

Con la presente, ci riferiamo al mancato raggiungimento di apprezzabili risultati nel conseguimento degli obiettivi di legge in termini di raccolta differenziata da parte degli amministratori e dei dirigenti del Comune di Albano Laziale nel periodo 2006-2013.
Tale colpevole ritardo comporta un notevole danno erariale per l’ente locale, come riportato nella Sentenza n. 83 del 27/05/2013 emessa dalla Sezione giurisdizionale per la Liguria della Corte dei Conti in merito all’esempio del Comune di Recco.
In materia di rifiuti, il diritto comunitario ha imposto agli Stati membri, attraverso le direttive del Consiglio n. 91/156/CEE del 18/3/1991 e 99/31/CE del 26 aprile 1999, l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie ad assicurare il recupero o lo smaltimento degli stessi senza pericolo per la salute dell’uomo e senza l'uso di procedimenti o di metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, vietandone nel contempo l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato.
Il decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 che, fino all'entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, di attuazione della delega contenuta nella legge n. 308 del 2004 per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale, ha costituito la normativa quadro sulla gestione dei rifiuti, prevede, in attuazione della citata direttiva europea 91/156/CEE, l’adozione di un sistema di raccolta differenziata idoneo a consentire la drastica diminuzione dei rifiuti avviati in discarica e la realizzazione di un modello alternativo di smaltimento i cui punti qualificanti sono il riciclo dei materiali, il compostaggio della frazione organica e il collocamento in discarica (o termovalorizzazione) del solo residuo.

Lo stesso decreto n. 22/1997 ha provveduto ad individuare le funzioni amministrative che in materia di raccolta differenziata competono a ciascun livello di governo, centrale, regionale, provinciale e comunale, attribuendo allo Stato il compito di indicare i criteri generali per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta (art. 18, comma 1°, lettera m), alle Regioni la funzione di provvedere alla “regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata di rifiuti urbani, anche pericolosi, con l'obiettivo prioritario della separazione dei rifiuti di provenienza alimentare, degli scarti di prodotti vegetali e animali, o comunque ad alto tasso di umidità, dai restanti rifiuti” (art. 19, comma 1°, lettera b), alle Province la cura dell'organizzazione delle attività di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati sulla base di ambiti territoriali ottimali delimitati ai sensi dell'articolo 23 (art. 20, comma 1°, lettera g) e ai Comuni il compito di stabilire “le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani, al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi” (artt. 21, comma 1°, lettera c, e 23, co. 3).

Per dare maggiore concretezza all’obiettivo di un utilizzo razionale ed economicamente vantaggioso dei rifiuti, il predetto decreto ha anche disposto (art. 24) che in ogni Ambito Territoriale Ottimale (A.T.O.) la raccolta differenziata degli stessi venga assicurata in misure percentuali minime del 15% entro due anni dall’entrata in vigore del decreto stesso, del 25% entro quattro anni e del 35% dal sesto anno (percentuali successivamente fissate dall’art. 205, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006 e dall’art. 1, comma 1108, della legge n. 296/2006 nella misura del 35% entro il 31 dicembre 2006, del 40% entro il 31 dicembre 2007, del 45% entro il 31 dicembre 2008, del 50% entro il 31 dicembre 2009, del 60% entro il 31 dicembre 2011 e del 65% entro il 31 dicembre 2012).

Purtroppo, i risultati raggiunti dal Comune di Albano Laziale in questi anni sono assolutamente irrisori e deludenti: dal 3,5% nel 2007 al 4,0% nel 2008, fino ad arrivare al 7,4% nel 2011.

L’art. 205, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006, inoltre, al fine di penalizzare il conferimento in discarica dei rifiuti e di rafforzare i previsti obblighi di raccolta differenziata, ha introdotto, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi minimi fissati dalla legge, un’addizionale del 20% al tributo dovuto per il conferimento, da applicarsi nei confronti dell’A.T.O. con successiva ripartizione dell’onere tra quei Comuni del territorio che non abbiano raggiunto le prescritte percentuali minime.

Il nuovo impianto normativo fonda la propria ratio nel fatto che “la raccolta differenziata svolge un ruolo rilevante e prioritario nel sistema di gestione integrato dei rifiuti, in quanto consente sia di ridurre il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento, sia di condizionare positivamente l’intero sistema di gestione, garantendo:
a) la valorizzazione delle componenti merceologiche dei rifiuti sin dalla fase della raccolta;
b) la riduzione delle quantità e della pericolosità dei rifiuti da avviare allo smaltimento indifferenziato, individuando tecnologie più adatte di gestione e minimizzando l’impatto ambientale dei processi di trattamento e smaltimento;
c) il recupero di materiali e di energia nella fase del trattamento finale;
d) la promozione di comportamenti più corretti da parte dei cittadini, con conseguenti significativi cambiamenti nelle abitudini di consumo, a beneficio di politiche di prevenzione e di riduzione” (deliberazione n. 6/2007/G della Sezione centrale di controllo della Corte dei conti sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato).

Da un punto di vista strettamente giuridico occorre, tra l’altro, evidenziare che in base all’articolo 1, comma 2, del legislativo 22/97, le disposizioni dello stesso costituiscono principi fondamentali della legislazione statale, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e, secondo il successivo comma 3, le disposizioni di principio costituiscono, nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome aventi competenza esclusiva in materia, norme di riforma economico - sociale.

Dall'articolato quadro normativo appena descritto emerge l'obbligo ricadente sulle singole amministrazioni comunali di attuare le prescrizioni legislative in materia di raccolta differenziata dei rifiuti, e di garantire, indipendentemente dal soggetto cui è materialmente affidato il servizio di raccolta dei rifiuti urbani, il rispetto delle percentuali minime previste dalla legge. La fissazione di soglie minime della raccolta differenziata risulta, infatti, necessaria ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dal legislatore, oltre che della credibilità del sistema stesso, e l’adempimento del dettato normativo non può non costituire un puntuale e inderogabile obbligo per le amministrazioni, la cui violazione viene, infatti, “sanzionata” con aggravi di costo per lo smaltimento a carico dei Comuni inadempienti.

L’osservanza delle previsioni del decreto n. 22/97 e segnatamente dell’art. 24 relativo alle percentuali minime di raccolta differenziata, da realizzare secondo scaglioni progressivi annuali, costituiva, pertanto, adempimento inderogabile del gestore, posto a tutela di un interesse generale e, sicuramente, prevalente rispetto a quello vantato dalle stesse parti.

Il mancato rispetto delle predette disposizioni, con realizzazione della raccolta differenziata in misure significativamente inferiori a quelle previste dal citato art. 24 del decreto n. 22/97, ha comportato a carico del Comune il pagamento di oneri aggiuntivi per il conferimento in discarica del materiale che avrebbe dovuto essere destinato proficuamente alla raccolta differenziata ed ha, pertanto, arrecato al Comune di Albano Laziale un danno patrimoniale conseguente.

Come riportato nella sentenza relativa al Comune di Recco, il danno per il Comune è, pertanto, da ritenersi integralmente corrispondente all’aggravio di costo sostenuto per aver dovuto versare in discarica una maggiore quantità di rifiuti.

Il danno descritto deve ritenersi in parte ascrivibile al comportamento tenuto dai convenuti amministratori comunali in carica nei diversi periodi considerati, nonché dal responsabile del Settore ambiente del Comune, tutti preposti, per la funzione esercitata nell’ambito dell’Ente, all’organizzazione del sistema integrato dei rifiuti ed alla vigilanza sul corretto espletamento del servizio da parte del gestore.

Incontrovertibile conferma dell’esistenza di tali obblighi si ricava da quanto stabilito dagli artt. 50 e 54 del D.lgs. 267/2000, che attribuiscono al sindaco il compito di sovrintendere al corretto funzionamento degli uffici e dei servizi comunali, con il conseguente dovere giuridico di attivazione delle opportune misure correttive d'intervento in caso di violazione di legge, irregolarità e disfunzioni.

Spettano analogamente all’assessore specifici poteri finalizzati al corretto funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti relativi al settore cui lo stesso risulta formalmente preposto e rispetto al quale questi si trova nella medesima posizione del sindaco delegante.

Incombe, conseguentemente, sull’assessore un obbligo giuridico determinato e puntuale di assumere tutte le iniziative necessarie nelle questioni di propria competenza, di impartire opportune ed idonee direttive agli organi amministrativi competenti o di esercitare poteri di impulso nei confronti degli altri organi decisionali (in termini, Sez. Giur. Liguria, sentenza n. 414/2002).

Ai sensi dell’art. 107 del T.U.E.L., spettano, inoltre, ai dirigenti tutti i compiti di gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, oltre alla direzione di uffici e servizi, compresa l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi non rientranti tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo proprie degli organi di governo, essendo direttamente responsabili, in via esclusiva, della correttezza amministrativa, dell’efficienza e dei risultati della gestione.

Competeva, pertanto, in primo luogo ai Sindaci, quali organi responsabili dell’amministrazione del Comune, attivare i poteri di indirizzo, di vigilanza e di controllo sull’attività degli assessori e delle strutture gestionali esecutive, per assicurare la realizzazione degli obiettivi legislativamente indicati in materia di raccolta differenziata.

Gli amministratori non hanno, inoltre, disposto un’adeguata informazione agli utenti circa i vantaggi della raccolta differenziata per l’ambiente e la salute al fine di un coinvolgimento attivo degli stessi per una efficace gestione del servizio, astenendosi dal prescrivere azioni concrete ai medesimi e dal predisporre opportuni controlli e conseguenti strumenti sanzionatori.

In sintesi, le inefficienze per il mancato raggiungimento di apprezzabili risultati nel conseguimento degli obiettivi di legge in termini di raccolta differenziata  confermano la sostanziale disattenzione degli amministratori del Comune di Albano Laziale nei confronti del dettato normativo circa il raggiungimento di livelli minimi di raccolta differenziata.

In conclusione, a carico degli amministratori comunali e dei dirigenti del servizio si configura un atteggiamento di sostanziale inerzia riguardo a legittime e doverose attività volte al miglioramento ed al costante monitoraggio del livello qualitativo e quantitativo del servizio di raccolta differenziata, con comportamenti che denotano inescusabile negligenza e grave trascuratezza nella cura dell’interesse pubblico che avrebbe dovuto essere, invece, tutelato attraverso il doveroso diligente svolgimento delle funzioni istituzionali e degli obblighi di servizio loro attribuiti e che configurano la sussistenza di quell’elemento soggettivo indispensabile per l’affermazione della responsabilità amministrativo-contabile.

Tutto ciò premesso, si chiede alla Ecc.ma Procura Regionale della Corte dei Conti di voler esercitare i propri poteri di indagine al fine di accertare la sussistenza di profili di illegittimità degli atti amministrativi o eventuali ipotesi di responsabilità erariale.

Rimaniamo in fiduciosa attesa di un Vs cortese e sollecito riscontro.




Il gioco di DISCARICOPOLY per prendere in giro la Commissione Europea   Basta con le trattative private nella gestione dei rifiuti !!!

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