lunedì 31 maggio 2010

Raccolta e stoccaggio: Spariti milioni di euro

I raggiri: La relazione di magistrati, questori e prefetti
Fondi Ue volatilizzati, autorizzazioni scadute, consumi falsificati.

Corriere della Sera Roma
Sabato 29 maggio 2010, pagina 3

Truffe allo Stato, distrazioni di fondi Ue, precari controlli ambientali. Tutto fra Roma e province. E' lo scenario attorno alla raccolta e allo stoccaggio della spazzatura secondo quel che martedì hanno raccontato magistrati, questori e prefetti del Lazio alla commissione sul ciclo dei rifiuti.

A Frosinone la procura indaga sulle attività della Saf, la società pubblica (i proprietari sono Provincia e comuni) che gestisce la discarica di Colfelice. Buona parte dei 26 milioni di euro inviati dalla Ue e passati per la Regione Lazio sarebbero stati «distratti».

«I soldi avrebbero dovuto garantire l'adeguamento dell'impianto - ha spiegato il questore Alfonso La Rotonda ma la squadra mobile e la guardia di finanza hanno scoperto che i lavori effettuati sono stati ben pochi. E certificati in maniera differente da quel che effettivamente è stato verificato».

A Colleferro, ha raccontato il pm della procura di Velletri Giancarlo Cirieffi, si indaga su una truffa ai darmi dello Stato che ha visto l'azienda a capitale pubblico che gestisce i due termovalorizzatori dichiarare un consumo di metano inferiore a quello effettivo, incassando fondi pubblici non dovuti per 43 milioni di euro.

Adesso la difesa degli indagati - in sostanza alcuni dirigenti della società commissariata dopo le indagini - sollecita la derubricazione del reato di truffa. Siccome i due impianti sono in vendita (circostanza di cui i parlamentari della commissione non sapevano nulla) gli effetti dell'inchiesta potrebbero danneggiare la trattativa.

Si è scoperto inoltre che i termovalorizzatori di Colleferro a lungo hanno lavorato con autorizzazioni regionali provvisorie se non addirittura scadute.

Sono state bruciate tonnellate di rifiuti «senza che si sia saputo cosa sia finito nell'atmosfera», è la sintesi di Cirielli.

E a Latina è il questore Nicola D'Angelo a segnalare un pericolo nella discarica di Borgo Montello dove in un incavo sarebbero interrati da anni - la segnalazione è di un pentito di camorra - rifiuti tossici.

Un rapporto dell'Enea parla genericamente di «massa metallica sotterrata».
«Non è nelle mie competenze, ma da poliziotto - osserva D'Angelo, investigatore che arrestò numerosi boss della Magliana - andrei a vedere di cosa si tratta di preciso».

domenica 30 maggio 2010

Giro di truffe intorno alle discariche laziali

IL CASO: Traffico di rifiuti tossici tra Roma e Cina
Gli scarti tornano in Italia come giocattoli e abiti
L'allarme arriva dal questore Caruso che segnala: giro di truffe intorno alle discariche laziali. Controlli colabrodo
Centinaia di balle di rifiuti non trattati


ROMA - Rifiuti non trattati che dal Lazio partono di contrabbando per la Cina, dribblando i controlli distratti di alcuni funzionari doganali. «Centinaia di container» zeppi di spazzatura triturata. Che poi, trasformata in materiale plastico «dannosissimo per la salute», rientra in Italia sotto forma di giocattoli e indumenti. Le preoccupate parole sono quelle pronunciate martedì dal questore della Capitale Giuseppe Caruso alla commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti, presso la quale è stato ascoltato assieme ai responsabili dell’ordine pubblico delle 5 province del Lazio. C’è un allarme inquietante. «Quel traffico diretto da un cinese sta continuando, con l’avallo» delle complicità che lo hanno reso possibile. Questo succede nonostante un’indagine sia stata conclusa nel 2008 dalla squadra mobile di Roma con la richiesta di 17 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di cinesi e di «amministratori delegati di società non solo del Lazio legate allo smaltimento dei rifiuti». Ma l’inchiesta per ora resta senza manette visto che da due anni «i provvedimenti sono fermi al vaglio dell’autorità giudiziaria».

L’audizione è l’ultima di una serie, convocata dal presidente Gaetano Pecorella, iniziata con l’obiettivo di evitare che tra Roma, Latina, Viterbo, Frosinone e Rieti esploda un’emergenza come quella che a Napoli ha lasciato per lunghi mesi la spazzatura a marcire per strada. «Non siamo a questo punto, ma la situazione è difficile», è la sintesi del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro che ha parlato di una raccolta rifiuti che nella regione è indirizzata per l’86 per cento - il dato è il più alto del centro Italia - nelle discariche. Che però, soprattutto nei pressi della Capitale (Malagrotta, Cecchina, Bracciano, Civitavecchia e Colleferro) «sono sull’orlo dell’esaurimento». Senza contare il corollario di truffe, violazioni delle norme ambientali e controlli inesistenti. Martedì Pecoraro, sollecitando «un potenziamento dell’Arpa a scopo preventivo» ha parlato di «rifiuti tossici provenienti dal Nord Italia e dall’Europa interrati nei cantieri della linea Tav Roma-Napoli».

Ma c’è molto altro nei resoconti delle audizioni (con le testimonianze di magistrati, investigatori delle forze dell’ordine e tecnici) raccolti nel certosino dossier sul Lazio condotto dai senatori Candido De Angelis, Pdl, e Antonio Rugghia, Pd. Oltre al caso dei 40 milioni di euro spariti per costruire quella discarica ai Castelli che esiste solo sulla carta, c’è da capire come sia stato possibile che per 5 anni il termovalorizzatore di Colleferro abbia bruciato copertoni, coltelli da cucina, forchette, panni e filtri di industrie chimiche spargendo nell’aria diossina e altri veleni senza che nessuno se ne accorgesse.

Una catena impressionante di controlli-colabrodo, con le preoccupate denunce dell’Arpa rimaste prive di seguito. E infine quella «triangolazione» di rifiuti tra Lazio e Cina. Nel rapporto scritto dal capo della mobile romana Vittorio Rizzi apposta per la commissione parlamentare - dopo l’autorizzazione della procura di Roma - si parla di «meccanismo spudorato». Il colossale quantitativo di immondizia arriva, trasportata in container, in una discarica abusiva dalle parti di Frosinone. Da qui, dopo essere stata «triturata» riparte dal porto di Napoli, con qualche funzionario doganale che si gira dall’altra parte, verso la Cina accompagnata da carte false che definiscono la spazzatura «materia prima secondaria». Tutto rientra in Italia - è la certezza degli investigatori della mobile che però hanno bisogno dell’autorizzazione per arresti e perquisizioni per provare la circostanza - sotto forma di «bambole, giocattoli, abiti che usano i nostri figli e i nipoti», ha concluso il questore Caruso. «Roba nociva per la salute. E’ un fatto di una gravità estrema» ha concluso il questore dopo le domande dei parlamentari della commissione.

Alessandro Fulloni
«Corriere della sera», edizione romana , pagina 3
29 maggio 2010